Al di là del bene e del male
IL COMMENTO
Di Alessandro Cantoni
Nella vita, non smettete mai di porvi delle domande, di rimettere tutto in discussione. Molti confondono questo atteggiamento con l'incoerenza. In merito agli ostinati, io parlerei, piuttosto, di caparbietà. A questo proposito, diceva bene François de la Rochefoucauld: "La ristrettezza mentale determina la caparbietà: non crediamo facilmente a ciò che si trova al di là del nostro campo visivo. Le menti mediocri condannano abitualmente tutto ciò che oltrepassa la loro portata".
Il genere umano si divide, infatti, in due categorie: gli "uomini delle formule" e quelli delle idee.
La differenza è abissale. Ad esempio, provate a chiedere ai primi di definire la giustizia. Essi, subito, avranno pronta una risposta da manuale e vi illustreranno qualche capitolo della Costituzione, magari dopo aver inneggiato ad Atena.
Chiedetelo, invece, ad un sofista. Probabilmente la sua espressione si contorcerà in una smorfia di imbarazzo e, dopo essere non poco arrossito, il suo ragionamento suonerà più o meno così: "la maggior parte delle cose giuste secondo la legge sono in opposizione con la natura". Ma "ciò che è veramente utile non deve danneggiare, ma deve giovare". E, ancora, il testimone di un processo "non sarà giusto, poiché il giusto consiste nel non fare ingiustizia a nessuno quando non si è subita ingiustizia. E' inevitabile, infatti, che chi testimonia, anche se testimonia il vero, compia comunque, in certo modo, una qualche ingiustizia, e, nello stesso tempo, che egli stesso, successivamente, subisca ingiustizia, a causa di quanto ha detto".
Sono d'accordo con voi, è meglio sposare la causa della Costituzione. Ma pensiamoci bene. L'obiezione di Antifonte non è senza logica e ha una sua ragion d'essere. Per comodità, ci conviene accettare la prima, ma non sputiamo nemmeno sopra la seconda, quella dell'uomo delle idee. Perché vi ho intrattenuto con questo raccontino? Perché chi si fa domande, solitamente, ha delle difficoltà ad accettare pacchetti di pensieri preconfezionati e scolpiti sulla roccia. Fare il mestiere dello sfasciacarrozze è un vero grattacapo. Desta sospetti e inimicizie. E poi, non crediate che si viva tanto bene in un deserto di precarietà. Molto meglio, per questo, le calde stanze di una corte, che magari non abbiamo nemmeno costruito con le nostre mani, bensì l'abbiamo trovata bella e fatta.
E' vero, su Maradona ne abbiamo sentite di tutti i colori e, in alcuni casi, dall'entusiasmo siamo passati all'idealizzazione. Ma se c'è una cosa che è insopportabile, questa è il moralismo di una certa opinione pubblica e di una certa stampa da libro Cuore. Trovo di una banalità sconcertante il fatto di ridurre il genio (non è una bestemmia, ma un concetto filosofico) di un artista all'etica.
Chi non ha letto Nietzsche faticherà a comprendere che il genio nasce sempre dalla sregolatezza o dalla follia, chiamatela come volete. Nasce dalla rottura di una tradizione, di qualcosa di sedimentato nei secoli. Pensiamo a Oscar Wilde, D'Annunzio, Charlie Chaplin, Ligabue, Ghizzardi, Moravia, Pasolini, Albertazzi, ecc. Ecco perché parlare solo di morale è stupido e riduttivo.
Che poi, persino la morale, il discorso sul "bene e il male", non sfuggirebbe al nostro buon Antifonte. Abbiamo larga testimonianza di discorsi simili nei Discorsi duplici: "in primo luogo, sosterrò che è giusto ingannare. Ora, fare questo nei confronti dei nemici è bello e giusto, nei confronti degli amici, invece, è brutto e malvagio (...) Anche rubare ciò che hanno gli amici e far violenza alle persone più care è giusto. Per esempio, se qualcuno dei familiari, addolorato e afflitto per un qualche motivo, è sul punto di uccidersi con una spada, non è forse giusto rubargli questi oggetti; se, poi, si arriva in ritardo e lo si sorprende con quelli in mano, non è giusto sottrarglieli con la violenza?". Lungi dal voler fare un'apologia della sregolatezza, forse non è sbagliato credere che bene e male siano sempre relativi a un determinato contesto.