Cari compagni, il fine non giustifica i mezzi

25.10.2020

Di Alessandro Cantoni

Affondo lo sguardo nelle lettere intinte nel sangue di seppia dalla penna di Nicolàs Gòmez Dàvila.

Il mio incontro con questo lucido provocatore colombiano è avvenuto quasi casualmente.

Mi è capitato di leggere un suo aforisma che, di getto, ha destato in me una curiosità fanciullesca.

Così, senza esitazione, mi sono adoperato per aggiungere alla libreria di casa un suo armamentario paroliberista dedicato ai temi più disparati: dalla politica all'economia, passando per la religione e la vita di ogni giorno.

Chi volesse possedere una copia degli Escolios a un texto implìcito II (Gog edizioni, pp.353, euro 15,00) riponga subito nel cassetto il frasario delle giovani marmotte, e si gusti queste pillole di originale e vivido genio letterario.

Gòmez Dàvila è un uomo spiccio, abituato a sintetizzare in poche righe quello che certi scrittori incasellerebbero in volumi barbosi ed enciclopedici. La forza dello scrittore è proprio quella di dare un peso alle parole, ricercate con gusto ma senza mai scadere nella retorica artificiosa e manierata di un intellettualismo gauchista. Persino nello stile e nel linguaggio manifesta una certa affinità alla destra, avversando le formule belle, ad effetto, sebbene prive di contenuto.

È lapidario quanto Nietzsche, e sfogliando le pagine pare di scolarsi un bicchierino di grappa. Non di quella barricata, bensì verace, in cui si avverte l'aroma della vinaccia.

Mi risulta che Dàvila abbia qualcosa da dirci anche a proposito del presente, in particolare sulla politica nostrana.

Ad esempio, nel suo ritratto dell'idealtipo di sinistra viene fuori l'esatto opposto di ciò che costui vorrebbe apparire agli occhi del pubblico. Un piccolo borghese in salsa maoista che, come il tanto bistrattato uomo qualunque, vive di soli giudizi e di poche idee.

I suoi sermoni triti sull'uguaglianza e sulla giustizia sono tipici del pigro e di chi è senza talento: "Solo un talento evidente fa sì che al reazionario gli si perdonino le sue idee, mentre le idee dell'individuo di sinistra fanno sì che gli si perdoni la sua mancanza di talento".

Per parlare di socialismo e di comunismo non occorre essere dei geni, ma dei moralisti e moralizzatori della storia. Anche a destra non manca questa visione, solo che qui si parte dai mezzi per conseguire il fine, e non viceversa.

Partire dall'obiettivo significa legittimare qualunque mezzo per raggiungerlo, mentre i mezzi sono importanti almeno quanto o più dei fini stessi, come diceva Milton Friedman: "Una società che mette l'uguaglianza davanti alla libertà, non avrà né l'una né l'altra. Una società che mette la libertà davanti all'uguaglianza avrà un buon livello di entrambe". Tradotto: dona ai tuoi cittadini la libertà di autodeterminarsi ed essi diverranno i padroni del proprio destino; gli artefici della loro stessa ricchezza. Dalla libertà sorgerà il benessere. Solo così può dimorare la pace e l'equilibrio sociale. Non escludendo gli interventi correttivi dello Stato, bensì ponendoli laddove necessario.

A sinistra, invece, si ragiona all'opposto: pompa i soldi nelle casse dei poveri e avrai nuovi ricchi. Sì, ma senza lavoro, mantenuti e precari.

L'ultimo grande socialista italiano che ha manifestato una linea di pensiero tipicamente liberale è stato Bettino Craxi, che, a differenza dei comunisti, pensava a come creare le condizioni durature di stabilità, anziché applicare misure di sostegno improduttive e nefaste per l'economia.

L'errore dei comunisti di oltre quarant'anni fa è lo stesso della ciurma grillina e piddina. Ravvedetevi, in nome di Dàvila e dell'intelligenza, che è il contrario del dogmatismo ideologico.  

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