Coerenza è coraggio

07.01.2021

Di Nicolò Corradini 

L'ovvietà fa sempre notizia e, ahimè, nel nostro Paese si vogliono sempre avere la botte piena e la moglie ubriaca. Succede in Valtellina, a Villa di Tirano, che alla fine della Messa, prima dell'"andate in pace", il sacerdote faccia girare uno scritto in cui richiama i fedeli all'osservanza dei Comandamenti tanto nella teoria quanto nella pratica. Il fatto di aver parlato nello specifico di comportamenti considerati sbagliati dalla Chiesa e, quindi, suscettibili di ammonizione ha poi scatenato il malcontento di tutti: fedeli, gente comune e media locali. Ora, chi scrive è tutt'altro che un bacchettone o con pretese moralizzatrici, ma apprezza la coerenza: che un sacerdote richiami i fedeli alla morigeratezza e al rispetto dei dettami evangelici dovrebbe essere del tutto normale, come è altrettanto normale che chi sta fuori del luogo di culto possa non gradire i suddetti precetti. Chi a scuola ha avuto la fortuna di studiare un poco di filosofia dovrebbe ricordare l'adagio kantiano "se devi puoi", che, tradotto, stabilisce che il dovere è garanzia di libertà di scelta, per cui si può rispettare la legge o trasgredirla. Il motto della Polizia di Stato pare pensato appositamente: sub lege libertas, la legge è garanzia di libertà. Certo, coerenza vorrebbe che si accettassero anche i pro e i contro della trasgressione delle norme, poiché la Giustizia è iconograficamente rappresentata munita di bilancia e di spada... Cosa si vuol dunque affermare, in definitiva? La personalissima idea di chi scrive è che chi ha la buona abitudine di seguire la Messa la domenica dovrebbe quanto mano non risentirsi di essere richiamato all'osservanza di ciò che la Messa insegna.

Viceversa, avendo noi la fortuna di vivere in uno Stato laico (fin quasi al punto di confonderlo con la sua accezione -ista...), è altrettanto giusto che chi non crede abbia piena libertà di disporre della propria condotta.

Facendo tesoro della morale dell'Oltreuomo insegnataci da Friedrich Nietzsche alla fine del diciannovesimo secolo, chi ha libertà di giudizio e non si riconosce in precettistiche stilate da altri è giusto che viva come vuole. "L'inferno esiste solo per chi ne ha paura" cantava Fabrizio De Andrè nella sua canzone "preghiera in gennaio": è chiaro che chi crede ad un Giudizio ultimo si dovrà regolare di conseguenza e non pretendere sconti immeritati, ma per tutti gli altri la mancanza di un Cielo al di sopra di sé dovrebbe essere occasione di una sovrumana testimonianza di spregiudicatezza. La libertà di amare, di ambire, di ottenere e di osare dovrebbe essere la stella polare degli spiriti liberi, di chi è faber fortunae suae, con responsabilità verso sé e verso gli altri. Penso alla vicenda di Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, perseguito e condannato nel 2018 per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina... Pur condannando il gesto di Lucano, il sottoscritto è sempre rimasto deluso da un atteggiamento in particolare dell'ex primo cittadino, ovvero il suo appellarsi alla Legge per non subire condanne, quando lui per primo aveva scientemente contravvenuto alla Legge. Da parte sua, ritengo, sarebbe stato più coerente e perfino eroico affermare candidamente: "L'ho fatto perché ritenevo giusto farlo. Mi si condanni pure ma lo rifarei".

Delude molto, dunque, constatare come in Italia si abbia una visione perversa di due valori fondamentali: coerenza e laicità. Sarebbe coerente accettare le regole vigenti dentro una chiesa quando si è all'interno di essa, dal momento che si pretende che viga la legge italiana al suo esterno. Laicità è un valore troppo nobile per essere lasciato ai laicisti: i cristiani e i credenti di qualsiasi confessione lavorino su questo.

© 2024 La fucina delle idee. Tutti i diritti riservati.
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia