Dopo il crepuscolo verrà una nuova aurora

18.03.2020

Il trasformismo degli italiani, l'invidia sociale e l'iniquità europea ci massacrano 

NICOLO' CORRADINI 

Caro Alessandro, 

La crisi che in queste settimane sta attraversando l'Italia, insieme all'Europa e più in generale al mondo intero, come tutti i momenti di profonda difficoltà ha ripercussioni persino sul piano antropologico, della moralità individuale e collettiva.

Il Coronavirus, termine ormai onnipresente, che ricorre financo nelle dispute tra tifosi di calcio per l'aggressività con cui ha colpito la vita quotidiana di ciascuno, viene da lontano: dalla Cina, addirittura. La superpotenza asiatica, pseudo-democrazia in cui partito unico, culto del capo e comunismo poliziesco convivono amabilmente con miliardari, sfruttamento di manodopera a costo pressoché zero e lobbismo istituzionalizzato, è stata l'incubatore del COVID-19, la febbre che, da qualche settimana, sta terrorizzando l'intero sistema terracqueo. Dopo essersi fatto notare per essere scoppiato a Wuhan, "cittadina" cinese di 11 milioni di abitanti, il Coronavirus ha raggiunto il Vecchio Continente, colpendo con particolare violenza il Belpaese. È notizia di poche ore fa, fonte SkyTG24, che in Italia gli infetti si aggirerebbero intorno alle 23.000 unità, mentre ad ora i decessi ammonterebbero a più di 2000. La situazione è seria, ma non tragica, come vedrò di argomentare.

In questi giorni delicati, tesi, tesissimi, gli Italiani hanno saputo cambiare versione almeno tante volte quante hanno cambiato padrone nel corso della loro storia: dapprima ridotto il male ad una semplice influenza (anzi, il male di stagione sarebbe stato addirittura più letale a sentire taluni), poi elevato al rango di novella Morte Nera, con tanto di falce e ghigno apocalittico; e ancora le zone rosse: dalla sola Lombardia si è passati a tutta la Penisola. Riguardo ai rapporti con l'Europa, anche qui, si è visto il repentino passaggio dall'europeismo mieloso de gauche all'ostilità verso "l'Europa egoista" e agli abbracci ai generosissimi amici cinesi ("ci regalano le mascherine" dicono loro, non ricordando da dove è arrivato il virus? Davvero davvero? Omnia munda mundis va...).

Ad oggi, comunque, l'Italia è in seria difficoltà, se non al collasso: i costi per fare fronte all'emergenza COVID-19 sono altissimi e le risorse sono scarse; il governo presieduto da Giuseppe Conte ha messo sul piatto 25 miliardi di euro, dei quali 15 spesi in deficit, sebbene la Costituzione prescriva delle coperture per ogni spesa effettuata. Il vincolo di pareggio di bilancio è stato imposto in conformità ai parametri economici dell'Unione Europea, mentre la Germania ha annunciato (fonte il Corriere della Sera del 13 marzo) che stanzierà a favore delle imprese tedesche fondi per 550 miliardi di euro! In tutto ciò, fatti salvi i conti pubblici teutonici decisamente più virtuosi, è indubbio che c'è qualcosa di profondamente iniquo nella struttura dell'UE. E ancora: in Europa e nel mondo, gli Stati Uniti hanno annunciato un sostegno all'economia da 850 miliardi di dollari, il governo britannico interverrà con 330 miliardi di sterline, Francia e Spagna sosterranno l'economia per un totale di 500 miliardi di euro.

Questa è in ultima istanza colpa degli Italiani. Sì, avete letto bene: colpa degli Italiani. Lo scrivo oggi, nel 159° anniversario della proclamazione dello Stato unitario e con grande amarezza. L'Inno nazionale a questo proposito è lapidario e, ad ascoltarlo e a leggerlo bene, dovrebbe far arrossire di vergogna: anche oggi, nel 2020, siamo "calpesti, derisi" perché siamo divisi... troppo impegnati nel farci la guerra tra Nord e Sud, alla cui triste prova si è assistito proprio nei giorni scorsi con i prefetti del Mezzogiorno che vietavano l'arrivo di connazionali provenienti dal Nord, oppure tra ricchi (o presunti tali) e poveri, come testimonia la notizia delle donazioni di 10 milioni a testa da parte di Silvio Berlusconi e di Giuseppe Caprotti: chi dice che sarebbero briciole se paragonate ai loro patrimoni e chi li santifica come patres patriae per aver attinto dal proprio denaro per fare beneficenza... 

Come quasi sempre accade, la verità sta nel mezzo e la verità è che l'italiano medio si divide in due atteggiamenti opposti e speculari, ovvero un'invidia sociale gretta e piagnucolona e un'esaltazione servile e altrettanto piagnucolona di gesti individuali. Il grande assente resta il senso di responsabilità individuale, quel senso di responsabilità che dovrebbe far rovesciare i tavoli nel vedere uno Stato che, nel momento del bisogno e dopo aver salassato per anni i lavoratori e gli imprenditori, sa fare giusto l'elemosina. Mentre ognuno si sente legittimamente autorizzato a parlare dei soldi degli altri per esaltarli o biasimarli non importa, secondo chi scrive nessuno può essere giudicato per ciò che fa dei frutti del proprio lavoro. Gli Italiani dovrebbero guardare alla propria classe politica e sentire un moto di ribellione, verso uno Stato traditore ma soprattutto verso se stessi: guardarsi allo specchio, arrossire e poi rialzare il capo fieramente.

Torna in mente, in questi attimi tristi, "l'Esortazione a liberare la Italia da' barbari" posta a conclusione del Principe di Machiavelli, che si chiude con i versi della canzone all'Italia del Canzoniere petrarchesco: "Virtù contro a furore prenderà l'arme e fia el combatter corto, ché l'antico valor nell'italici cor non è ancor morto". Questi momenti tragici siano dunque sprone per un nuovo inizio, per tornare artefici del nostro futuro! 

Mandiamoli al diavolo e togliamoci dalle scatole 

ALESSANDRO CANTONI 

Caro Nicolò,

La giusta riflessione che proponi mette in evidenza un fatto molto semplice ed una realtà di cui dobbiamo prendere coscienza: l'Unione Europea, con i suoi perversi meccanismi economici, si è rivelata una colossale fregatura. Per questo dobbiamo uscirne al più presto, riappropriandoci di quella sovranità monetaria che ci è stata sottratta mettendo in ginocchio l'intero sistema Paese. Le proposte di Salvini e di Meloni di riformare l'Europa dall'interno sono ragionevoli, ma difficilmente praticabili dal momento che l'asse franco-tedesco è inscindibile e inderogabile. Pertanto, rimanendo ancorati al carrozzone teutonico saremo sempre servi e mai padroni in casa nostra. È vero, come hai ricordato, che i conti pubblici tedeschi sono più virtuosi di quelli italici, ma è altrettanto corretto affermare che i falchi del rigore hanno un problema serio con il debito privato.

In quanto a debito aggregato, oltretutto, l'Italia non se la passa malissimo rispetto alla Francia, al punto che se sommiamo il debito pubblico dei cugini d'oltralpe (100%) alla preoccupante esposizione delle società (160% del Pil), delle banche (90%) e delle famiglie (60%), arriviamo a quota 400% di indebitamento. Però lor signori possono beneficiare di aiuti economici, mentre a noi pesano sul groppone.

Tutto questo nonostante il Belpaese versi circa 12 miliardi all'Ue per ricevere in cambio poco più di nove miliardi (dati del 2017).

Di fronte a tali elemosine, il gesto di Berlusconi e di Caprotti assume un valore simbolico: quello di chi anziché ciarlare a vanvera agisce di tasca propria per il bene della comunità. Meno male che Silvio c'è. 

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