Ezra Pound e l'amore per l'identità europea

Di Alessandro Cantoni 

L'amor di patria, così come l'infervoramento per la causa europea, non è una battaglia ideologica attinente ad un'unica parte politica. La destra può essere europeista quanto e più della sinistra, talvolta in maniera piuttosto esplicita. Molti di voi ricorderanno, a proposito, il movimento della jeune Europe, fondato nel 1962 dal politico belga Jean-François Thierart.

Thierart, come Pino Rauti, non sopportava l'etichetta appiccicatagli addosso di "uomo di destra". Non aveva tutti i torti, poiché se non si conosce il reale significato delle parole, queste restano impigliate nella rete della vuota retorica.

Proponeva un nazionalismo europeo per affrontare le sfide del futuro, capendo in anticipo che la globalizzazione poteva essere combattuta soltanto a livello comunitario. La lotta delle singole nazioni era perciò destinata al fallimento, poiché "non esiste più, attualmente, né indipendenza effettiva, né progresso possibile, al di fuori dei grandi complessi politici organizzati su scala continentale (...) Oggi la dimensione europea è il minimo indispensabile per l'indipendenza".

Il discorso, oltre che ideologico, attinge alla sfera della Realpolitik. Si allinea, in un certo senso, al desiderio di Altiero Spinelli e degli idealisti nel dopoguerra.

Riscoprire e promuovere l'identità europea dovrebbe essere compito delle destre illuminate e sociali del tempo presente.

Ciò non significa cancellare le particolarità nazionali, come auspicherebbe una qualunque destra o sinistra globalista, bensì riconoscere che le sfide del neoliberismo possono essere affrontate solo se si resta coesi. Per esserlo, occorre darsi dei princìpi comuni. Questa identità possiede già un nome, anche se piuttosto scomodo: quello di Ezra Pound.

Pound il fascista, Pound il poeta maledetto, come lo definisce Marcello Veneziani, è in realtà il primo costituente europeo della cultura occidentale. Questo immenso scopritore e amante dell'America delle origini ha molto da insegnarci.

I suoi Cantos non sono soltanto l'opera epica, monumentale e simbolica del Novecento, bensì un vero e proprio trattato per il "nuovo ordine" del domani. Un manifesto di Ventotene redatto in versi anziché in prosa.

Il lavoro di una vita rappresenta il tentativo di combattere l'americanismo come ideologia del presente attraverso la forza delle radici europee.

Pound ha sognato, sostanzialmente, di riportare il Nuovo Mondo nell'alveo del Vecchio Continente, da cui la terra di Colombo è rinata nell'età moderna. Un risorgimento avvenuto alla luce di Omero, di Dante, di Cavalcanti, dei poeti provenzali. Ai Cantos non manca neppure l'aura mistica del pensiero confuciano e della tradizione giapponese. Ecco perché, oltre che europeo, lo scritto poundiano palpita di viscere e di sangue universali. Rileggere i Cantos significa rianimare la salma marmorea di un Ovidio (il volto di Medon come muso di orata, / Braccia contratte in pinne... Le braccia della natante cangiate in rami), ma anche l'impeto romantico di un Coleridge con la sua metafisica della Ballata del vecchio marinaio: "Ronfiar di lince, odoravano di brughiera le bestie, / ivi pria s'odorava pece, / Annusii e zampettii di bestie, scintillar d'occhi nell'aria nera... I remoli carezzano ora le catene del timone, / D'una focena il grifo nero, / dove fu Lycabe, / Squame di pesci sui rematori".

Soltanto all'insegna del Rinascimento può avvenire quella fine delle guerre tra Stati, degli intrighi e della corruzione; attraverso un nuovo umanesimo, in cui l'uomo si riappropria del proprio destino, opponendo la sacra fiamma del lavoro al fato infausto del capitalismo finanziario. Questa rivoluzione, come insegnava Pound, non avviene soltanto nel fascismo, ma si innalza come un antico tempio malatestiano sulle colonne della tradizione e del cristianesimo. Nella denuncia che Pound fa contro l'usura, infatti, c'è posto anche per la spada di Paolo: nel baratto, anche la sacralità del tempo viene violata e infranta.