Globalizzazione: spirito e volontà nella Storia

12.06.2020

Di Alessandro Cantoni

Vorrei chiarire meglio le mie posizioni rispetto alla meccanizzazione dell'agricoltura. Ho detto che sarebbe auspicabile una evoluzione in questo senso nel settore agricolo. Questo perché i diversi paesi industrializzati del mondo, penso all'America e alla Cina, stanno sperimentando nuovi strumenti e tecniche per rendere autonoma la produzione. Si va verso questa direzione inevitabile, fomentata dalla globalizzazione. Se noi pensiamo a come si è evoluto il mondo del lavoro negli ultimi decenni, osserviamo che molti mestieri praticati all'inizio del secolo scorso non ci sono più. Il progresso tecnologico permette anche la sostituzione di molte professioni manuali. Penso ad alcune operazioni ripetitive (la catena di montaggio), un tempo presenti all'interno della fabbrica e che costituivano il perno dell'ideale tayloristico. Questo cambiamento, da un lato, è positivo, perché ha favorito un miglioramento delle condizioni lavorative. Mettersi di traverso rispetto a questa evoluzione sarebbe totalmente insensato.

L'agricoltura non è destinata ad una crescente estromissione. Al contrario, sarà sempre più indispensabile. Fondamentale, tuttavia, è rimanere al passo con i tempi, poiché molti altri paesi strategici stanno compiendo passi in avanti. Se non c'è un reale progresso, la nostra economia è altresì condannata all'irrilevanza. Questo non vuol dire che in futuro dovremo escludere i lavoratori attualmente poco qualificati. Al contrario, è compito dello Stato promuovere un adeguamento della formazione scolastica tecnico-professionale. Bisogna adeguare il livello della formazione alle esigenze del mercato ed alle situazioni contingenti. Sarebbe assurdo portare avanti battaglie politiche in nome di un ritorno al passato. Difendere i precari non significa tornare ai metodi di produzione del passato ma, al contrario, insistere affinché la Scuola potenzi gli strumenti di inclusione di famiglie e studenti che difficilmente potrebbero sostenere le spese per la loro istruzione.

LO SPIRITO DELLA STORIA

Schierarsi contro la globalizzazione significa essere condannati all'improduttività, ad una recessione, una perdita di competitività. Il continuum della Storia non può essere ostacolato. Ciò che si può fare, ed è il compito della politica, è quello di evitare che questi processi di evoluzione si riproducano in maniera traumatica per l'anello più debole della catena. Servono dei correttivi, proporzionati ai tempi ed al contesto. In caso contrario si rischierebbe un regresso. Mettersi contro la globalizzazione significa ergersi contro la Storia. La Storia è in divenire, è continuo progresso, come insegnava Hegel. Esiste uno Spirito della Storia, dove le fasi di discontinuità vengono inglobate. Il momento soggettivo e particolare viene inquadrato nella categoria dell'universale. Ogni tentativo di resistenza irrazionale al divenire storico è destinato al fallimento. La resistenza dev'essere sopravvivenza, adattamento allo Spirito della Storia e anche adeguamento dello Spirito della Storia stessa. Adeguamento alle finalità dell'illuminismo, ovvero il benessere collettivo. Questo adattamento, che presuppone sempre una volontà (lo Spirito non è mai un principio incondizionato) deve essere guidato dal criterio di prudenza, secondo cui l'ingresso della novità avviene attraverso passaggi pensati, ponderati e mai casuali.

La storia è un sistema, ma questo sistema progredisce sotto il controllo e la volontà degli uomini e non a prescindere da essi. In caso contrario si manifesterebbe nel segno della catastrofe. In questo sistema, la volontà dell'uomo agisce come motore primario, al contrario, ad esempio, del marxismo, che è un insieme chiuso, scientifico, il quale promette la realizzazione di un bene particolare, nel senso che lo è per alcuni ma non per altri. Il marxismo conserva una fede positiva nella Storia. Prevede un'evoluzione ottimistica, dove il capitalismo è destinato al collasso, mentre il socialismo prenderà il suo posto e si ergerà a nuova categoria universale.

Noi dobbiamo intendere il progresso della Storia come guidato dalla volontà, altrimenti è cieco e pericoloso. Il riformismo rappresenta l'intervento dell'uomo per impedire la catastrofe, in questo caso sociale. Seguendo il corso degli avvenimenti si possono correggere le storture di un sistema che, altrimenti, risulterebbe imperfetto e diseguale. Non si tratta, dunque, di un'accettazione passiva del reale, quanto di cogliere le opportunità della tecnica che possono agevolare un progresso umano; progresso che passa anche attraverso l'affrancamento da quei lavori più usuranti e precari che oggi riguardano la nostra società. La tecnica è uno strumento che può distruggere quanto migliorare l'esistenza umana. La distrugge quando il suo uso è incondizionato e non presuppone una riflessione etica. La beneficia quando persegue i fini dell'illuminismo per come era stato pensato nei suoi fondamenti: illuminismo come emancipazione e non come soggiogamento o dominio.  

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