
Il colonialismo italiano fu anacronistico, non totalitarista

Di Alessandro Cantoni
Fu il 23 aprile 1941 il giorno in cui l'Italia occupò definitivamente la Grecia, grazie all'intervento delle truppe militari tedesche. Due anni prima era stato siglato il famoso patto d'acciaio, che unì il destino della penisola a quello del Reich nazista. Nel 1938, sempre su pressione del dittatore "magico", furono promulgate sul nostro territorio le leggi razziali. Quel 1938 inaugurò la tragedia vera e propria per milioni di persone.
Fino a quel momento, infatti, il fascismo assunse i caratteri di una dittatura nazionale, tollerata persino da un liberal conservatore come Winston Churchill, che credeva nelle leggi della storia e dei popoli. Quello italiano era uno stato che aspettava di diventare nazione. Tra le altre cose, il fascismo non fu soltanto un fenomeno nostrano. Si manifestò in diverse forme anche in Spagna, in Portogallo e in altre nazioni del continente europeo, oltre ai territori tedeschi e dell'impero austro-ungarico. Il fascismo tedesco (o nazifascismo) si connotò in maniera diversa rispetto a quello italiano per diverse ragioni, in primo luogo la disomogeneità della popolazione. Comune ad ogni fascismo era l'inefficienza dei partiti politici, l'avversità nei confronti dello stato giuridico.
Il fascismo tedesco ebbe origini e scopi diversi da quello italiano. Si prefigurò sin dall'inizio come un movimento totalitario, ossia impegnato a controllare la natura più privata e segreta dell'individuo. Inoltre, il nazismo negò qualunque intento nazionalistico, essendo impegnato a creare un impero universale, in cui il partito unico doveva essere al di sopra dello Stato, ossia un'entità sovranazionale. Come scrisse Arendt ne Le origini del totalitarismo, i movimenti totalitari tedeschi si servirono della retorica nazionalista e pangermanista per calamitare il consenso dei cittadini ed esercitare una certa attrazione. Fecero, inoltre, leva sulle masse, allo scopo di rappresentarle e fungere da loro funzionari. I capipopolo nazisti, primo fra tutti Adolf Hitler, furono antisemiti per potere ottenere l'omogeneità nel Reich. Lo furono non soltanto verso gli ebrei, ma anche quei tedeschi che si opponevano alla dittatura, i quali venivano privati della nazionalità e considerati uno scarto dell'umanità.
Quando Mussolini conquistò il potere, i partiti politici dell'arco liberale si trovarono in una profonda crisi di fiducia. Il clima per le strade appariva incandescente e si ergeva lo spettro della guerra civile. Il compito che egli si prefisse fu quello di guidare la nazione, ossia il tessuto civile, alla conquista dello Stato, per mezzo del partito. Il partito nazional fascista si connotò sin da principio per il proprio nazionalismo ed una visione incentrata sull'interesse nazionale, anziché sulla lotta di classe. Fu proprio questo aspetto a distinguerlo dagli altri partiti costituzionali, impegnati a far valere gli interessi delle singole classi sociali. Lo stesso corporativismo, come riportato dalla Confederazione fascista degli industriali, serviva ad organizzare il popolo in gruppi "che tramite i loro dirigenti... si elevano per gradi come in una piramide, in cui alla base sono le masse e all'apice lo Stato. Nessun gruppo fuori dallo Stato, tutti i gruppi entro lo Stato... il quale... è la nazione stessa resa articolata".
Quando l'Italia intraprese la conquista di nuovi territori oltre confine, come la stessa Grecia, ciò si rivelò un vero fallimento. Il duce era ormai caduto nelle grinfie del suo alleato, il quale lo usava a mo' di strumento per avanzare le proprie mire ed ambizioni. Goebbels scrisse chiaramente nei suoi diari che Mussolini "non è un rivoluzionario come il Fuhrer o Stalin. Egli è così legato al popolo italiano che gli mancano le qualità essenziali per un rivoluzionario mondiale". Al dittatore italiano interessava il colonialismo in un'ottica ormai antiquata, addirittura pre-imperialista, come la Francia che aveva sentito, nel XIX secolo, il bisogno di nuovo materiale umano da conquistare, non da asservire a "esperimenti totalitari", come avrebbero voluto i nazionalsocialisti.