Il dongiovanni istrionico che sbeffeggiava i sessantottini
Da oggi, inizia la collaborazione di Nicolò Corradini, studente di lettere moderne all'Università degli Studi di Pavia, per il nostro blog La fucina delle Idee.
Di Nicolò Corradini
Bulimia di vita. Questo si potrebbe pensare guardando alla vita scanzonata, sregolata, malinconica e, senz'altro, invidiabile di Gigi Rizzi. Uno che ha amato le donne più belle, soprattutto le più desiderate della sua epoca. Un'estate invincibile (per citare un bel libro di Riccardo Paradisi edito da Bietti), quella del '68 a Saint Tropez, nelle boîtes della Côte d'Azur a giocare con BB, con quella Brigitte Bardot che era diventata l'ossessione erotica dei giovani del secondo dopoguerra. Ma non solo. L'estate invincibile non è durata solo due mesi di pagine scandalistiche attorno ad un mascalzone ligure e una bionda dagli occhi profondi e malinconici, perché Gigi Rizzi ha vissuto intensamente tutti i suoi sessantanove anni (precisi eh, essendosi spento il giorno del suo compleanno).
Nato il 23 giugno 1944 a Piacenza da famiglia benestante, Luigi Leonardo Prospero Maria Rizzi non aveva patito le privazioni e le ristrettezze dei suoi coetanei, ma era cresciuto in un modo dorato fatto di inverni a Cortina e di estati al mare.
Iniziato il liceo, non lo porta a termine e, fin dai diciotto anni, si avventura con l'amico Beppe Piroddi a Saint Tropez, dove "cullavo ambizioni da seduttore ai tavolini del Café des Arts". L'anno dopo scopre la cocaina vicino ad una donna più grande di lui. Naja nei paracadutisti a Pisa. Appena ha tempo però si dedica alle sue attività preferite: divertimento, feste e donne. Nell'ordine: Genova, Portofino, Roma, Milano e Parigi sono le sue riserve di caccia. Nel capoluogo meneghino e, più tardi, nella capitale si farà anche imprenditore: sempre con Piroddi fonda il Number One, con un capitale iniziale di venti milioni di lire e Teo Teocoli come animatore.
Era il 1967 e il primo disco fu un lento: Due note di Mina. Ed ecco il suo Sessantotto: mentre "i cuccioli del maggio" (De André) protestavano e si scagliavano contro i baroni negli atenei e nelle strade, il nostro era a Saint Tropez. Con la sua ciurma, con Beppe Piroddi, Franco Rapetti detto Il Principe, Rodolfo Parisi e Gianfranco Piacentini: erano Les Italiens, i giovani italiani che, benestanti ma con mezzi non all'altezza dei miliardari che irrompevano con i loro yacht nel porto di Saint Tropez, ballavano a piedi nudi sui tavoli, camicia sbottonata, capelli al vento e via, vaffanculo.

E venne BB, la musa di Robert Wise e di Roger Vadim (Et Dieu... créa la femme, 1956). Fu rapita da quel ragazzo esuberante e travolgente di ventiquattro anni. Lei ne aveva dieci in più e, dopo le seconde nozze con Gunther Sachs, l'ereditiere della casa automobilistica Opel, si era messa con Jean-Jacques Manigot, il regista barbuto che viveva in Africa. Ai tempi Gigi stava con Nathalie Delon, ma un giorno lei dovette partire e il nostro, alla notizia ci restò male e si chiuse momentaneamente in se stesso.
Fu a quel punto che, durante una serata, l'unica a notare il suo malessere fu proprio BB, che, per consolarlo, lo invitò a colazione da lei il giorno dopo. Arrivato alla Madrague, la villa sulla spiaggia di Saint Tropez, stando attento a non essere intercettato dai paparazzi che non le lasciavano tregua, passò una mattinata di mare, sole e sci d'acqua... il tutto inaugurato da un bis di rosé per colazione.
Rizzi, dunque, raccolte le forze, si sentì in dovere di chiamare Nathalie per metterla a conoscenza della situazione e per parlare chiaro: si sarebbe fermato da BB. Due mesi di relazione, due mesi di baci pubblici e privati che proiettarono Gigi Rizzi al centro delle cronache rosa che ruotavano attorno al paesino della Provenza.
Due mesi per conoscere anche i lati intimi e mai rivelati di quella che era allora il Mito di una generazione: nel privato, Brigitte Bardot era spesso timida, adorabile nelle sue piccole manie, il terrore del buio, la paura della solitudine, una timidezza quasi da bambina nei confronti delle persone anziane. Soprattutto per lei, sempre al centro dell'attenzione e vittima sacrificale sull'altare della propria immagine pubblica. Era pesante convivere con l'archetipo della femme fatale, della Elena Muti dispotica. Negli occhi doveva avere quel filo sottile ma evidente di malinconia che fa sciogliere il cuore di un uomo.
La fece conoscere anche alla famiglia, per lei adottò il foulard e il vestiario piratesco, la fece entrare nella sua vita allegra e dissoluta. Il tutto, però, ebbe a finire. Questa è una di quelle storie che si iniziano sapendo già che non dureranno.
Dopo di lei, il declino. Non per il playboy: si prende una pausa dalla ribalta con Babette, avvenente cameriera, poi la moglie di un grosso imprenditore, dopo una serata al casino, si presenta in camera sua vestita da suora, ma con sotto giarrettiere e calze a rete.
Dopo l'affaire Bardot, non ha più neanche bisogno di chiedere, che tutte lo chiedono, tutte lo vogliono, à la Figaro. E arrivarono le attrici: Dominique Boschero, Linda Veras, Vivian McIntosh, AnnTurkel: tutte bellissime, tutte desideratissime, tutte sue.
Dal 1969, però, la sua vita di eccessi inizia ad annoiarlo. E lo annoia anche il clima che lo circonda: dei sessantottini avrà un giudizio non certo tenero, riconoscendoli originari del suo stesso ceto, eppure impegnati nel tentativo di realizzare chissà quale rivoluzione. Parole sue: "Quei ragazzi di famiglie benestanti come la mia, che giocavano a fare i rivoluzionari, non hanno mai catturato la mia attenzione. Che senso ha fare la guerra ai padri con il conto in banca e la cameriera in casa?". Parole non da fine politologo, ma certo non lontane dal vero. Del resto, per lui e per i suoi amici parlare di politica era un po' come parlare di malattie: annoiava.
Su Gigi Rizzi non poteva calare così velocemente il sipario e infatti tornò ad emozionare il pubblico con l'ultima grande conquista: la bellissima contessa Vera Gottliebe von Lendhorff, in arte Veruska. Con il suo metro e ottantacinque di altezza, il suo fisico mozzafiato e i suoi occhi verdazzurri, era già la modella più pagata al mondo. Ma anche questa storia si consumò in breve tempo, come la carta che bruciando fa una gran fiamma e poi si spegne.
Nel '71 ci fu poi lo scandalo Number One, le grane giudiziarie... la stella di Rizzi era in declino. Fu allora, a metà degli anni Settanta che prese una decisione: stabilirsi in Argentina e fare l'imprenditore agricolo. Al fianco della moglie Stella, Gigi Rizzi aveva avuto tre figli e aveva ritrovato il giorno.
Gigi Rizzi è scomparso il 23 giugno 2013, il giorno del suo compleanno, all'età di sessantanove anni. Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza, direbbe Manzoni. Quale che sia il giudizio, di un personaggio simile non si può certo dire che fu pavido, né che si risparmiò nelle emozioni. La sua è una generazione mitica e tormentata insieme: è la generazione di chi si è sentito "nano sulle spalle dei giganti" (per dirla con Bernard de Chartres), di quei giovani che, figli dei fascisti o dei partigiani, sono cresciuti con una rabbia indomita dentro, frustrata dal confronto coi padri e dal pensiero della mediocrità del loro periodo. Rizzi fu fratello e insieme contestatore dei contestatori. La sua fu una rivoluzione spiritosa, irriverente, ma, come per tutti i moti giovanili, non restò priva di zone d'ombra e di amarezze. L'incontro precoce con la cocaina, le notti brave che, seguendo l'etimologia, si rivelavano cattive, foriere di perdizione e di qualche lacrima... Il tutto senza mai dimenticare la sua joie de vivre. A piedi nudi, capelli al vento, ballando il flamenco sui tavoli delle boîtes. E poi le donne: ne ha avute tante che l'han capito e altre che in malafede l'han ferito.
Un pirata ed un
signore, un po' come si autodefinisce un altro tombeur des femmes suo coetaneo, il cantante latino Julio Iglesias.
Gigi Rizzi ha sempre vissuto al massimo, rischiando di persona e godendosi uno
dei più bei spettacoli che un maschio possa godere: gli occhi innamorati di una
donna.