Il referendum pasticcione sulla giustizia
È proprio delle ultime settimane un sentito e generale interesse di fornire una spiegazione approssimativa ma efficace dei prossimi quesiti referendari sui quali i cittadini italiani saranno chiamati a esprimere la propria opinione il 12 giugno. Fin da subito occorre precisare al lettore che le finalità referendarie non sono volte a condurre un'indagine statistica circa il peso esercitato da un partito nello scacchiere politico bensì a permettere alla sovranità popolare di esprimersi direttamente in ordine a questioni sulle quali l'impasse politica sembra non venirne a capo.Sebbene non si possa tacere che un referendum non sia lo strumento idoneo per discutere su questioni di così rilevante importanza e che l'abuso di tale mezzo si celi dietro l'angolo, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale con la quale i quesiti referendari venivano approvati, divenendo così oggetto del referendum del 12 giugno 2022, rileva dare ai nostri lettori strumenti semplici e poco articolati al fine di poter esprimere una scelta libera e consapevole. Procederemo per comodità espositiva ad indicare quesito per quesito le ragioni del sì e del no, mantenendo una linea super partes volta ad evitare eventuali intromissioni nella sfera della scelta personale.
1. LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE:
La separazione delle carriere è stato oggetto di numerosi dibattiti nella dottrina giuridica italiana. Infatti, ricordando i principi di imparzialità e di indipendenza della magistratura, la dottrina maggioritaria, sostiene che è necessaria una separazione tra l'organo giudicante e l'organo inquirente.Oggi, infatti un pubblico ministero ( accusa) potrebbe a sua scelta cambiare il proprio ruolo esercitato nel processo per vestire i panni di un giudice. È chiaro, dunque, che un giudice che diventa tale dopo essere appartenuto all'organo dell'accusa potrebbe essere incline ad accogliere con maggiore facilità le richieste di una parte piuttosto che dell'altra. Tale dibattito pare non tenere conto delle nuove regole nelle quali al pubblico ministero che sceglie di diventare giudice è imposto il trasferimento in un'altra circoscrizione nella quale non sussistano precedenti rapporti tra i magistrati inquirenti.
È forse questo il quesito che potrebbe destare maggiore perplessità nelle persone poco avvezze al diritto. La legge Severino nasce dall'esigenza di prevedere nuovi strumenti volti a prevenire e contrastare i reati gravi contro la pubblica amministrazione quale, a titolo esemplificativo, la corruzione. Tale legge trovava ragione d'esistere nei rapporti OSCE che ponevano lo Stato italiano al terzo posto tra i Paesi OSCE per i casi di corruzione. La legge Severino prevede l'applicazione automatica delle pene accessorie quali l'incandidabilità e la decadenza automatica dal proprio ruolo nel caso in cui sussista una sentenza di condanna definitiva per reati gravi contro la pubblica amministrazione posti in essere da parlamentari e membri del governo. Tale norma risulta ancora più stringente per gli amministratori locali, i quali decadono dal proprio ruolo con la sola condanna non definitiva per i gravi reati di cui sopra. Le ragioni del sì individuano i loro punti di forza soprattutto sul trattamento riservato agli amministratori locali sostenendo che una condanna non definitiva non può essere idonea a deporre dalla carica e rendere incandidabile un amministratore condannato in via non definitiva. Si sostiene, inoltre, che l'automatismo sia errato e che debba essere il giudice a definire, caso per caso, se il soggetto possa esercitare ancora le sue funzioni oppure no.Chiaro che l'automatismo dovrebbe essere rivisto ma ciò non motiva, secondo le ragioni del no, l'abolizione di uno strumento fondamentale alla lotta contro gli abusi da parte delle autorità pubbliche. Inoltre, occorre ricordare che la condanna, anche non definitiva, è frutto di una valutazione del giudice che vada al di là di ogni ragionevole dubbio.Se contestassimo quest'ultimo principio è chiaro come l'intera struttura che sostiene le motivazioni per l'abrogazione collasserebbe nel momento in cui si riconoscesse al giudice una maggiore discrezionalità nella determinazione dell'incandidabilità e della decadenza delle autorità coinvolte nei reati di cui in condanna.
Il terzo quesito verte sulle misure cautelari. Oggi la possibilità di applicare eventuali misure cautelari è subordinata all'esistenza di un c.d. fumus commisi delicti ( presenza di gravi indizi di colpevolezza) e al ricorrere di particolari esigenze cautelari. Tali esigenze sono:
● Il pericolo di inquinamento delle prove;
● Il pericolo di fuga;
● e, infine, il pericolo della reiterazione del reato.
Con la vittoria del sì l'ultima esigenza cautelare viene cancellata cosicché anche qualora il giudice abbia il fondato motivo di ritenere che in attesa di processo l'indagato possa compiere i medesimi reati per il quale è stato fermato non può applicargli una misura cautelare che prevenga la "ripetizione" del reato. L'articolo 274 c.p.p che si esprime in merito è chiaro in ordine a questo: la valutazione deve essere condotta attentamente da parte del giudice tenendo conto delle modalità, delle circostanze del fatto e della personalità della persona sottoposta ad indagine.La corrente del sì sostiene che l'esigenza di cui all'articolo 274 comma 1 lett. c sia stata oggetto di abuso da parte dei giudici italiani, i quali avrebbero utilizzato tale condizione per motivare l'applicazione di misure cautelari personali anche nei casi in cui le condizioni di pericolosità non ricorrevano.Abolirlo è forse la soluzione idonea a migliorare veramente il sistema giustizia?
Il quarto requisito referendario si pone come obiettivo quello di limitare il potere delle correnti politiche che costituirebbero il mondo della magistratura. Infatti, se dovessero vincere le ragioni del sì, verrebbe abolito il sistema della raccolta di 25 firme al fine di consentire ad un magistrato di potersi candidare alle elezioni del C.S.M. Ad avviso dei sostenitori, si abolirebbero le correnti politiche in seno alla giustizia. Tale ragionamento sembrerebbe però non considerare che un magistrato per poter accedere al C.S.M deve essere votato. È chiaro, dunque, che l'abolizione delle firme non sarebbe sufficiente a perseguire un obbiettivo così importante quale quello dell'orientamento suddetto; di fatto le "correnti politiche" uscirebbero dalla porta per entrare dalla finestra. Perché non proporre il sorteggio?
Tale idea è tutto fuorché corretta. Su tale tema occorre distanziarmi dall'imparzialità con la quale ho trattato i temi precedenti. È forse libero, indipendente, imparziale un giudice che sa di essere sottoposto a giudizio da parte di avvocati e professori? È forse corretto, a Vostro avviso, che un giudice che detiene il potere più elevato di condannare ed assolvere debba essere sottoposto a giudizio da parte di organi che non hanno, forse, mai svolti i compiti propri del magistrato giudicato?
È chiaro che da tale esposizione risulta che il c.d. tema della giustizia con cui tale referendum è chiamato sia del tutto avulso dal fine sostanziale perseguito il quale non risulta intervenire nei problemi che la giustizia odierna presenta.I requisiti di cui sopra paiono, ad avviso di chi scrive, incidere su questioni che si allontanano anni luce dalle necessità di magistrati e cittadini comuni. Infatti, sarebbero stati maggiormente accolti un referendum che parlasse di sorteggio nella scelta dei membri del C.S.M; di maggiore giustizia garantita sia con un numero superiore di magistrati sia con un accesso alla giustizia che sia il meno oneroso possibile. È sotto gli occhi di tutti che oggi agire in giudizio è divenuto sempre più costoso, quasi come se la giustizia fosse garantita dallo Stato italiano solo a coloro che avendo forti capacità economiche possono permettersela. Occorre, dunque, partire dal basso per ricostruire un sistema che molto simile al servizio sanitario nazionale sia in grado di garantire, nei giusti tempi e con sforzi economici poco sentiti, ad ogni persona umana il diritto di veder riaffermati e tutelati i propri diritti umani o patrimoniali.