La cultura di massa ai tempi della globalizzazione

14.05.2020

Di Alessandro Cantoni

La cultura media, in Italia, è migliorata rispetto alla seconda metà del Novecento? Per provare a rispondere, bisogna anzitutto dare un senso alle parole. La parola cultura, infatti, comprende una vasta gamma di significati, ma nella presente analisi verrà intesa sia nell'accezione più comune di scolarizzazione sia come fenomeno sociale: cosa si guarda, come si consuma, quali sono i modelli socio-culturali comuni. Per cittadino medio, invece, ho in mente colui che è mediamente istruito ed informato sui fatti e mediamente qualificato professionalmente.

Partendo dalla scolarizzazione, la società contemporanea dispone di strumenti ed opportunità di accesso al mondo della formazione senza precedenti (borse di studio, premi universitari, ecc.), qualcosa di impensabile almeno fino agli anni Settanta. Ciò segna un punto a favore della nostra epoca. Tuttavia, se ci spingiamo ad una considerazione più approfondita sulla qualità dell'istruzione, ci troviamo in presenza di un dato alquanto paradossale. Possiamo in effetti sostenere che il valore dell'insegnamento e della formazione si sia notevolmente affinato nei rami specialistici, specialmente tecnico-scientifici, mentre la contrazione è avvenuta soprattutto a livello di istruzione media e negli indirizzi di studio più generici. Quelli, dunque, che fanno riferimento alla scuola secondaria di primo grado e, nella scuola secondaria di secondo grado, agli ordinamenti legati alle discipline umanistico-letterarie ed altre branche non specifiche. Questa involuzione, che si accompagna all'evoluzione di cui parlavamo in precedenza (maggiori opportunità di formazione) è proceduta di pari passo sempre a partire dagli anni Settanta, accentuandosi maggiormente nel corso degli ultimi decenni. A monte di ciò vi fu proprio la rivoluzione sessantottina, che scardinò completamente l'impianto scolastico ed accademico tradizionale, nel bene e nel male.

Come si può constatare, dunque, al cittadino medio è per lo più preclusa la possibilità di ottenere una solida preparazione scolastica, contrariamente a quanto avveniva nel dopoguerra e fino alla metà degli anni sessanta.

Silvio Berlusconi, fondatore di Mediaset, insieme a Mike Bongiorno nei primi anni Ottanta
Silvio Berlusconi, fondatore di Mediaset, insieme a Mike Bongiorno nei primi anni Ottanta

Soffermandoci sulla seconda accezione del sostantivo "cultura", sarà bene introdurre un'altra espressione significativa: cultura di massa. La massificazione culturale è accompagnata da due fattori, ovvero lo sviluppo tecnico-industriale ed il sistema capitalistico. Coincide con la propagazione della cultura al di fuori dei circoli intellettuali, rendendola un prodotto fruibile al vasto pubblico.

La nascita del fonografo prima, della radio, del cinema e della televisione poi, hanno portato la cultura nelle case dei cittadini. Ma quand'è che è avvenuta la sua reale mercificazione, la sua trasformazione in cultura pop intesa come puro godimento, fruizione libera e disimpegnata? Certamente già a partire dalla rivoluzione industriale che ha scandito la fine del XIX e l'intero XX secolo si assisté ad una sua massificazione.

Tuttavia, la riduzione a feticcio, a genere kitsch, è avvenuta specialmente dopo gli anni Settanta. La cultura venne così trasformata in paccottiglia commerciale nell'arte (tutto è arte!) come nella musica (i generi più sofisticati ed "impegnati" si convertirono in sonorità beat e pop-rock).

Una dimostrazione evidente di quanto affermo è costituita dalla nascita delle televisioni commerciali che hanno conosciuto l'apogeo negli anni ottanta e novanta, e che catalizzano ancora oggi l'attenzione dello spettatore medio.

Gruppo di paninare nel 1986
Gruppo di paninare nel 1986

Nonostante ciò, si può dire che la cultura media degli italiani nell'epoca della Milano da bere fosse comunque superiore a quella odierna. I modelli socio-culturali restavano ancora politici e intellettuali. Tra le figure dello spettacolo, si privilegiava il rapporto con attori professionisti, oggi sostituiti da showgirl o influencer. Fino agli anni novanta, un punto di riferimento politico per il cittadino medio restava, ad esempio, Silvio Berlusconi. La sua dialettica ed oratoria apparivano conformi ai gusti, alle tendenze ed al linguaggio espressi a livello di senso comune. Al contrario, quello che fino a trent'anni fa appariva normale, oggi sembra esagerato, addirittura ridondante. Nel presente, l'uomo medio si riconosce in Salvini, nel suo lessico popolaresco e semplice, e questo fatto denota un impoverimento culturale degli italiani piuttosto che un reale balzo in avanti. Il tecnico e lo specialista sono guardati con sospetto, mentre ai modelli sociali non è più richiesto quel bagaglio di competenze un tempo necessario, persino mentre imperavano lo yuppismo e la spettacolarizzazione.    

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