La cultura non è erudizione

09.05.2020

Di Nicolò Corradini 

Necessità è una parola che mi fa tornare ai tempi della scuola superiore, perché è a quei tempi che il mio professore (non prof ma professore, perché non c'è nulla di male nell'essere formali e la formalità, entro certi limiti, è sinonimo di rispetto, oltre determinati limiti di irriverenza) di filosofia ce ne spiegò la definizione: ciò di cui non si può fare a meno. 

La cultura, non necessariamente accademica e nemmeno necessariamente quella cosiddetta "alta", è oggi una necessità. In che senso? Per cultura voglio intendere un atteggiamento critico e insieme una predisposizione all'approfondimento. L'umiltà ne è la precondizione, la credibilità ne è la logica conseguenza. 

Basta scorrere la Home dei vari social per rendersi conto di come, nel mondo di oggi, si abbia spesso la tentazione di pronunciarsi sugli argomenti più disparati senza porsi il problema di esserne culturalmente all'altezza. Si badi bene, non voglio assolutamente far passare il messaggio che si debba essere tuttologi, semmai l'opposto. Personalmente, credo che una persona colta si senta in diritto di dire la propria opinione su pochissimi argomenti, tanti meno nella misura in cui ne ha approfonditi alcuni in particolare, perché una persona intelligente (dal latino intelligo, capisco) non può non rendersi conto che ad una competenza necessaria in un determinato ambito deve per forza corrispondere altrettanta competenza su un altro argomento. Tornando alla definizione che ho dato di cultura, è latente (participio del verbo latino lateo, mi nascondo) oggi un atteggiamento critico, che è il contrario della fretta imperante. 

Leggere attentamente, dedicare il giusto tempo all'assimilazione della notizia ed eventualmente chiarire con l'ausilio del vocabolario termini ignoti sono tutte sane abitudini che non potranno che giovare alla credibilità delle nostre prese di posizione. Una volta compresa la lettera del testo, è d'uopo passare alla seconda fase (non uso numeri cardinali per evitare confusione, dato il periodo...), ovvero alla raccolta di informazioni. In questo frangente, appunto, si realizza il messaggio che vorrei far passare: le informazioni che sovente vengono propinate dai media (si legge come si scrive) presuppongono altre conoscenze le quali, se ne si è digiuni, devono essere recuperate, pena il rischio di asserire fesserie. 

Le persone cosiddette colte, le cime d'uomo dell'Agnese manzoniana, sono coloro che non disdegnano di soffermarsi sull'ABC, perché è solo partendo dalle basi che si possono affermare con pretesa di verità delle considerazioni più elevate. Per fare un esempio apparentemente banale ma affatto scontato, l'attività di scrittura di un testo richiede prima di tutto una conoscenza delle regole dell'ortografia, successivamente dell'analisi logica della frase semplice e del periodo; ultima ma non per importanza quella virtù benedetta che è la punteggiatura, la quale conferisce il ritmo alla frase, che si rivela poi al momento della lettura. Il passaggio successivo sono le nozioni che un testo veicola, che a loro volta richiedono competenza specifica un tema specifico, lo sa bene chiunque affronti un qualsiasi percorso universitario: non solo c'è una differenza abissale tra un corso di laurea, ad esempio, in Lettere e uno in Filosofia, ma anche tra i vari insegnamenti di singole Facoltà, per cui storia romana è cosa diversissima dalla medievale o da storia moderna. 

La gestione di una qualsiasi attività lavorativa richiede capacità tecniche e intellettuali tra loro diverse, per cui spesso il titolare si avvale dell'opinione di altre figure professionali, come un commercialista o delle ditte fornitrici, mentre queste ultime, a loro volta, si affideranno a ingegneri di vario tipo e a contabili specializzati, a tecnici nella produzione e nella commercializzazione di determinati prodotti. Tutto questo per dire che la realtà è una cosa estremamente complessa e non vi è nulla di male a dire "mi spiace, non è il mio campo e mi astengo". 

Dopo di che, vorrei precisare, non si tratta di avere la puzza sotto il naso e di escludere dalla discussione chi non sia uno specialista(tanto più che chi scrive non è specialista di alcunché), quanto piuttosto di lanciare un monito ad evitare i giudizi affrettati, forieri spesso di considerazioni nel migliore dei casi superficiali, nel peggiore erronee e ridicole. 

A proposito di senso del ridicolo, buona abitudine potrebbe essere esercitare il senso dell'umorismo e dell'autoironia in particolare, chiedendosi sempre, prima di asserire con tono magniloquente che 2+2=4, se tale esoterica verità non sia degna di toni più pacati. Concludendo, la grane nemica è la fretta, oggi aggravata dalla valanga di informazioni che continuamente ci assale e da cui di continuo siamo provocati: fretta di non arrivare in tempo, fretta di perdere il biglietto per il treno della notorietà che ci sarà garantita da una manciata di like, salvo poi ricredersi in fretta nel momento in cui la realtà ci sbatte in faccia tutta la sua inestimabile e ricchissima complessità e facendoci fare brutte figure.

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