La guerra è un'extrema ratio
Di Alessandro Cantoni
Siamo abituati a vedere nella guerra un risvolto di "pura follia". Mai come oggi, Putin e Biden ci sembrano assolutamente scellerati nel loro scontro quotidiano per l'egemonia e la stabilizzazione degli equilibri geopolitici. Tuttavia, proviamo a considerare la questione sotto un altro punto di vista: e se la guerra non fosse pazzia, ma extrema ratio? Attenzione: la mia intenzione non è quella di giustificare il conflitto attualmente esistente o quelli che hanno avuto luogo nel corso della storia, bensì cercare di comprendere filosoficamente un fenomeno atavico come la guerra in senso storico.
In fondo, che cos'è la ragione? E', potremmo dire, in senso esteso, la volontà di possedere appieno qualcosa, che può essere un concetto ma anche una realtà molto più tangibile. La ragione afferra, in qualche modo fissa il suo oggetto e prova a conferirgli un carattere di immutabilità. Il logos greco è proprio questo e, in un certo senso, pure per Hegel, nella Fenomenologia dello Spirito, è il tentativo, compiuto da un Soggetto, di incamerare il suo Oggetto fino alla piena identificazione con esso. Siamo qui di fronte alla razionalità più assoluta, in cui nulla sfugge al controllo dell'individuo.
Un'altra caratteristica fondamentale della ragione è il suo carattere discorsivo o dialettico. C'è libertà nella ragione, come ben sapeva Hegel: nulla è sottratto all'attenta analisi critica, in cui ogni premessa funge da base, da sostrato, per la necessaria conseguenza. L'extrema ratio, invece? Come la ragione, cerca anch'essa il pieno controllo della realtà. Tuttavia, essa è proprio la rinuncia al carattere dialettico della ragione. E' l'idealismo astratto che si eleva a sovrano della vita individuale o collettiva. Il fondamentalismo è il carattere proprio di questa extrema ratio. Pensiamo alle dittature, ai fondamentalismi religiosi, politici, ecc.
Colui che si lascia condurre da questo tiranno dello spirito non è quasi mai in grado di definire le ragioni della propria presa di posizione. Spesso, dunque, lungi dall'essere qualcosa di positivo, l'extrema ratio nasce dalla disperazione. Un'Idea, in senso assoluto, conduce la vita di chi ne è posseduto, per salvare il vuoto che riempie chi è privo di ragione. Senza logos, infatti, vi è il completo nulla, il buio totale. Ecco che interviene allora l'extrema ratio, ossia, simbolicamente, il condottiero capace di imporsi con forza, rifiutando qualunque dialettica.
Dal regno della libertà si passa, in realtà, a quello della schiavitù, poiché il Soggetto non è più padrone di sé. Non perviene all'Idea tramite la sua deliberazione, la sua scelta, bensì la Volontà si piega incondizionatamente a ciò che non può cogliere da sé, con il suo lavoro, con le sue mani.
La guerra russo-ucraina è l'extrema ratio di Vladimir Putin. Infatti, si è inceppato quel meccanismo dialettico che, ragionevolmente, garantiva stabilità nei rapporti tra la Russia e l'Occidente. E quando il dialogo cessa, ecco che l'extrema ratio risolve le cose alla sua maniera: tramite la forza e la lotta per la sopravvivenza.
Zelensky, tanto osannato dalla nostra stampa e dai governi occidentali, è responsabile, al pari di Biden, dell'invasione dell'Ucraina e dei bombardamenti. Solo la diplomazia potrebbe riportare la ragione e sconfiggere l'extrema ratio di Putin. Ciononostante, prevalgono gli astratti idealismi di chi, da un lato, vorrebbe allargare l'area Nato e, dall'altro, di chi è disposto a mandare al macello migliaia di uomini in nome della piena autodeterminazione nazionale. Quest'ultimo progetto è un'utopia. La stessa Europa non è sovrana, ma, di fatto, atlantista, ovvero vincolata da un patto agli Stati Uniti d'America, nel bene e nel male. Putin non ha mai chiesto l'annessione del Paese, ma la garanzia di neutralità. Zelensky è libero di stringere accordi economici con l'Europa, ma non di posizionare missili sul confine. La Russia chiede di rimanere il partner economico privilegiato di un Paese da sempre sotto l'area di influenza ex-sovietica. Che c'è di strano? Forse non è lo stesso per l'Europa verso il suo liberatore dal nazi-fascismo? La Russia chiede di riconoscere l'indipendenza di due repubbliche che non si sentono legate a Kiev e di risolvere la questione della Crimea, in cui la maggioranza è russofila: è tanto strano?
Forse discutere, anziché
replicare con ostinati rifiuti e rappresaglia, rimetterebbe in moto quella sana
dialettica che è alla base di ogni equilibrio razionale, e ci libererebbe una
volta per tutte dal fondamentalismo imperativo che non vuol sentir ragioni e
urla con isterismo.