La morale come opera d'arte

27.04.2023

Di Alessandro Cantoni

Non ci sono leggi di natura oggettivamente ed universalmente valide. Vanno ricercate individualmente. 

Tuttavia, esiste almeno un indizio che ci stiamo allontanando dalla conquista di una morale naturale. Si tratta dell'astrattismo, ovvero di un intellettualismo totalmente libero, indipendente da qualsiasi vincolo naturale, e che si potrebbe definire pratico.

Che cosa c'è di naturale nei comportamenti della società consumistica o in molte delle cose che essa produce?

Vivere in modo troppo artificioso può impedirci di riconoscere assennatamente ciò che bene e male nel libero arbitrio. In un certo senso, è come se si perdesse il "lume naturale" della ragione. Questo rischio è molto alto in un mondo che assegna un ruolo preponderante alla dimensione virtuale e al tecnicismo. Heidegger scriveva che la nostra epoca è troppo avvezza al calcolo: eseguire un'operazione in funzione di qualcosa. Così facendo, abbiamo formato una realtà parallela rispetto alla natura, in cui molti vivono immersi sin dalla nascita.

Ripensare gli spazi urbani e anche quelli di lavoro richiede l'intervento di umanisti e filosofi in grado di suggerire soluzioni più naturali per la vita pubblica, di promuovere oppure bocciare progetti ritenuti in contrasto con dei semplici principi razionali e naturali. In altri termini, essi devono impedire che l'astratto intellettualismo - la mentalità pratica - di tecnici, politici e affaristi possa nuocere all'intera società. Occorre ripensare al modo di fare impresa, e, in questo ambito, gli studiosi umanisti possono suggerire soluzioni a vantaggio sia di chi fa impresa – consentendogli di avere un buon profitto – sia di chi lavora in quell'impresa. Bisogna saper mediare le esigenze umane dei lavoratori e quelle economiche degli imprenditori.

La figura del filosofo è più che mai necessaria in questi tempi di conformismo e di perdita della vera ragione, per impedire alla società di andare incontro ad una pericolosa artificiosità, nonché alla cancellazione della nostra identità di persone.

Indubbiamente si tratta di una presenza scomoda, poiché ostacolerebbe i progetti di speculatori interessati al mero profitto. Tuttavia, che cos'è la politica? E' l'arte di governare in nome del bene pubblico, e quest'ultimo richiede una conciliazione dei vari interessi: non la lotta di classe o la guerra al capitalismo, bensì l'equilibrio, il rispetto del diritto di ciascuna persona o soggetto economico.

L'Italia è un paese in cui le tradizioni artistiche, culturali, paesaggistiche, culinarie, artigianali, ecc. offrono un modello di etica e di giustizia ispirato a quello spirito che non si oppone alla natura, bensì parte da essa e la sviluppa senza ricadere nell'astrattismo mentale. Le cupole delle chiese sono una riproduzione e un abbellimento della volta celeste; le cattedrali barocche si ispirano ai fasti primaverili, ai suggestivi giochi di luci ed ombre creati dal sole; Dante divinizza la natura e ne crea un'immagine corrispondente assolutamente perfetta, come leggiamo nei primi versi in cui descrive il paradiso terrestre oppure nella sublimazione di Beatrice; l'uomo di Petrarca è homo deus ma anche un Dio umano: umano nella passione, nella debolezza. L'umanesimo, così come il Rinascimento, non è altro che un portare a compimento i doni ricevuti dalla natura, perfezionare la vita seguendo quelle leggi recondite del nostro universo e che trovano un corrispettivo perfetto nel "mondo delle idee". Tuttavia esse, le idee platoniche, sono qui: tutta la realtà ne è impregnata.

L'Italia della tradizione, della bellezza, deve fronteggiare un potente e temibile rivale: l'americanismo, il progresso.

Il progresso odierno è il risultato di chi non volge più lo sguardo alla natura per trovare ispirazione, per forgiare valori confacenti ad essa; al contrario, è l'atteggiamento arrogante e sprezzante di chi, astrattamente, pensa di elevare a principio universale il nulla che si trova in lui. Uno spirito arido, sterile, pieno di formule vuote vuole sostituire il mondo che abbiamo sempre conosciuto.

Ogni età storica ha conosciuto dei cambiamenti. Il cambiamento è necessario e la natura può insegnarci a scoprire nuovi modelli - attualmente sconosciuti -, nuove morali, nuove creazioni. L'individualità può uscirne rafforzata, esattamente come è avvenuto in età barocca rispetto al rinascimento.

Ogni età della storia dialoga con quella precedente, ne è il prolungamento: il Seicento non dev'essere visto in contraddizione con il secolo precedente, bensì in continuità con la sensibilità dei suoi artisti, scienziati e pensatori.

Parimenti, il Rinascimento non ha rigettato Platone, Aristotele e gli scolastici. Li ha riveduti, li ha corretti, certamente. Sono stati umanizzati: non cancellati.

Il presente, al contrario, cancella il passato, minacciando i pilastri su cui si regge il nostro vivere democratico. La democrazia è fatta di riti, di identità comuni. Cosa succede, tuttavia, se valori universali – frutto di secoli di ricerca e di scoperte – vengono smembrati in nome del più becero utilitarismo? E' evidente: diveniamo preda di capricci senza fondamento, spalanchiamo le porte alla barbarie di un nichilismo banale e prevaricatore.

I valori devono essere condivisi e approvati, ma anche ottenuti attraverso la lotta dello spirito. E questa sintesi, questo risultato può essere ottenuto soltanto da un confronto con la natura.

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