La razionalità di destra e di sinistra


Di Nicolò Corradini
Il dibattito politico è ormai da due secoli e mezzo, a partire dalla Rivoluzione francese, incentrato sulla dicotomia destra-sinistra, quando, nell'ambito della riunione degli Stati Generali francesi (1788), i conservatori del Terzo Stato presero posto alla destra del Presidente e i radicali alla sinistra. Dapprima monarchica e successivamente, nella sua accezione liberale, fautrice delle libertà individuali contro le imposizioni statali, la Destra si è sempre presentata come latrice di un diritto naturale contrapposto alle astrazioni progressiste. Proprio da qui occorre partire nel delineare un quadro sulla razionalità di conservatori e progressisti. La Sinistra si caratterizza da sempre per una visione sostanzialmente ottimista, basata sulla convinzione che la natura umana non esista di per sé, ma sia il frutto di fattori esterni che ne influenzano l'agire. Di conseguenza, nell'ottica della Sinistra, cambiando la struttura della società sarà possibile anche cambiare l'uomo e votarlo al bene. Di contro, la Destra si connota per il senso pratico, è strategicamente pessimista (ma escatologicamente ottimista) e avversa il moralismo, pur concependo la morale come un fondamentale instrumentum regni. La Destra, sia essa d'impronta reazionaria o liberale, parte dal presupposto di una realtà ontologicamente complessa, non riducibile a schemi preordinati: questo perché l'agire umano è dominato dall'egoismo, per cui si potrebbe dire che homo homini lupus (Hobbes) e che "il mondo è una foresta di belve" (Foscolo). Prendendo atto della realtà, la Destra ha poi ha poi elaborato due diversi metodi di convivenza: il principio del rispetto della legge come reciproco interesse (Locke) e il principio di un ordinamento imposto (Hobbes, sebbene anch'egli veda la società come contratto sociale). Ad uno sguardo poco attento, la prima soluzione potrebbe apparire maggiormente ottimista, ma così non è se ci soffermiamo sul sostantivo "interesse": la convivenza pacifica si realizza perché è interesse egoistico del singolo rispettare la legge, di modo che possa
procacciarsi ciò di cui ha bisogno collaborando con altri. Anche sul versante economico, tralasciando l'economia pianificata del socialismo reale, per sua natura un'elucubrazione puramente teorica di cui la Storia ha inesorabilmente decretato il fallimento, restano i due grandi maître à penser dell'economia occidentale: John Maynard keynes e Friedrich von Hayek, l'uno presumibilmente ispiratore della Sinistra (almeno di quella liberale e, anche lì, forse solo in linea teorica...) e l'altro della Destra. Ebbene, come ha spiegato bene Nicholas Wapshott nel suo saggio, edito da Feltrinelli, "Keynes o Hayek. Lo scontro che ha definito l'economia moderna", la Teoria Generale dell'Interesse e della Moneta dell'economista inglese prevede un complessissimo impianto teorico, il padre del neoliberismo formulò le sue tesi soprattutto partendo da letture di psicologia, per cui i gusti dei consumatori ne avrebbero orientato le scelte e avrebbero regolato il mercato.
In conclusione, è eccessivo ed erroneo sostenere che alla Destra manchi la guida di un principio razionale, ma è piuttosto vero che la prassi politica conservatrice è informata su un principio di realtà, senza moralismo perché, diversamente dall'universalismo progressista, non ritiene dei valori particolari obbligatoriamente attribuibili a tutti gli esseri umani. Basandosi su questo principio, la grande sfida del nostro tempo per la Destra credo sia creare le condizioni per favorire questo egoismo privato nell'ambito di una società sempre più integrata e in cui vi è sempre meno spazio per ruberie e malaffare di bassa lega. Perché non c'è nulla di male nell'arricchirsi ma sarebbe bello e auspicabile riuscire a farlo nel pieno rispetto della Legge.