La rivoluzione di Dante nei tempi moderni
Di Alessandro Cantoni
Per un giovane, è piuttosto legittimo chiedersi quale senso abbia leggere Dante al giorno d'oggi.
Il motivo è che il suo messaggio è universale, ossia parla a tutti gli uomini e a tutte le epoche. Già, ma in che cosa consiste questo insegnamento, e dove possiamo rintracciare tutta la grandezza e la forza di quel "sacrato poema" che è la Divina Commedia?
Dante conosceva bene l'essere umano e la sua debolezza. Sapeva che due delle peggiori afflizioni sono il senso d'impotenza e il vuoto esistenziale.
E' ciò che noi chiamiamo nichilismo, ovvero perdita dei valori. Quei valori che ci danno la forza di vivere e di resistere. Sappiamo bene quanto la società moderna viva in preda al caos, e come pochi siano capaci di tollerare l'idea di un destino guidato dai Fati.
Dante trasforma in poesia ciò che la filosofia aristotelico-tomistica riusciva ad esprimere soltanto in maniera scolastica ed astratta.
Il Convivio è il primo scalino che porta alla stesura della Commedia. Si tratta di un'opera fondamentale della produzione dantesca, perché segna un'evoluzione nel pensiero di Dante: l'esigenza della ricerca filosofica.
Tuttavia, il quadro del Convivio è rimasto incompleto, perché la forma del commento non poteva rivelare a sufficienza l'estro creativo e il bisogno di esprimere in maniera artistica, mimetica, ancorché coerente ed ordinata, i tre punti di vista dello scrittore: quello personale, quello politico e quello filosofico-teologico, uniti da una sola prospettiva escatologica, cristiana e provvidenziale.
Per Dante, la conoscenza del particolare, di ciò che è individuale, storico-concreto, ha la medesima importanza della verità metafisica, poiché la realtà è espressione della verità divina. L'ordine del mondo terreno corrisponde a quello finalistico della Provvidenza. Proprio di questo Dante si fa carico di raccontare nella Commedia. Tale rilevanza attribuita alle forme individuali è ricavata, ancora una volta, dal suo maestro, Tommaso.
Secondo la dottrina dell'Aquinate, l'uomo è diverso dalle forme inferiori della creazione e possiede la libertà. Dante lo segue anche su questo punto e si sofferma, in particolare, sul concetto di habitus. Quest'ultimo consiste in quella traccia che lascia ogni sforzo della volontà nella realizzazione dei suoi scopi, fino al punto di rendere manifesto il rapporto diretto che sussiste tra l'anima ed i suoi atti. In parole semplici, c'è perfetta unità tra anima e corpo, tra il carattere individuale e i gesti del corpo.
"Il carattere è il nostro destino", scriveva Eraclito, e noi siamo ciò che vogliamo essere.
In Dante, dunque, è vivissima la consapevolezza che il proprio destino storico, individuale, si identifica con la sorte eterna.
Per questo, nella Commedia, le anime sono pur sempre dei "corpi di ombra", come ha scritto Erich Auerbach, poiché i defunti portano il peso della loro scelta terrena. La morte non cancella ciò che abbiamo fatto in vita, ma conferma la nostra essenza, la sua immutabilità nell'oltretomba.
Da ciò si comprende quanto siano importanti le nostre azioni terrene al fine di raggiungere la beatitudine. Tutto si gioca qui, nella vita di ciascuno. Siamo noi gli eroi ed i protagonisti della nostra salvezza.
Molti sono i significati dell'opera, ma, in particolare, si evidenzia il legame tra sorte umana e verità divina. L'uomo non può trascurare l'esperienza che attraversa, poiché, come scrive ancora Auerbach, "le commozioni che ogni tappa della via da percorrere provoca, toccano lui stesso, perché ognuno è una parte della sua possibile sorte finale". Si tratta di un vero e proprio invito a prendere in mano il proprio destino, anziché lasciarsi trascinare dalla corrente.
Ogni cosa, infine, mantiene un legame intimo con l'essere divino: la natura è ordinata moralmente in base alla sua partecipazione ad esso.
Il viaggio nell'oltretomba rivela, inoltre, l'ordinamento della storia, anch'esso provvidenziale.
I personaggi incontrati da Dante vengono scanditi secondo un ordine gerarchico, in base al posto che spetta loro in vista del fine del mondo. In ciascuno di essi, è decisivo il significato del loro agire storico per lo scopo finale della creazione: la Gerusalemme celeste.
Vi è però un ultimo aspetto messo in luce da Auerbach, a cui prestare attenzione.
Dante ci parla della funzione salvatrice della Grazia, ma anche di forze interiori che possono salvarci dall'errore: la ragione guidata dall'Amore. Questo amore non è affatto qualcosa di astratto, ma di sensibile, che noi possiamo ritrovare qui, nel mondo, e che può condurci alla verità eterna, cioè alla vista di Dio.
Tale interpretazione ci riporta a Platone, alle sue tappe per giungere alla conoscenza della cosa in sé, del Bene in sé.
Ebbene, soltanto dalla bellezza delle cose sensibili scaturisce l'amore per l'Essere puro, Incondizionato, sempre uguale a se stesso.
Ogni cosa, per Dante, è figura di qualcos'altro, di compiuto nell'aldilà: Catone, pur senza perdere la sua storicità, è figura della libertà che Dante stesso cerca. La sua libertà politica è soltanto una prefigurazione della vera libertà cristiana. Virgilio è figura del poeta-profeta: ha annunciato, seppur non esplicitamente, l'ordine eterno, ma anche l'avvento di Cristo. E poi c'è Beatrice, l'incarnazione della verità divina.
Ancora una volta è la storicità e l'esperienza a costituire la base di un miracolo.
Di questo, noi moderni, non ci capacitiamo, perché guardiamo alle cose con assoluta, estrema oggettività.
Ma se impariamo a osservare con gli occhi di
Dante, scopriamo che la verità è a portata di mano, sotto i nostri occhi, nella
bellezza del cielo, di un fiore, o di una donna amata: la nostra Beatrice.