La Scuola italiana è illiberale

22.06.2022

Di Alessandro Cantoni

Politica italiana: la sopravvivenza degli imbecilli.

In questo Paese, le persone capaci di fare qualcosa in ambito professionale, si cercano qualunque altro mestiere. I mediocri, viceversa, fanno i politicanti per tutta la vita o quasi.

Non voglio screditare la Politica in sé. In particolare, ho molta stima degli amministratori locali, i quali rischiano maggiormente e, ogni giorno, devono dare prova di oculatezza, buonsenso e pragmatismo.

Teoricamente l'attività parlamentare richiede preparazione, studio, ottime capacità di amministrazione. Di fatto, diventa un parcheggio per disoccupati.

In Italia, bisogna ancora superare la mentalità statalista del "ripararsi sotto la gonnella dello Stato".

Dobbiamo diventare più liberali e affinare la forma mentis imprenditoriale. Buona parte della popolazione, di fatto, preferisce l'assistenzialismo.

Il modello berlusconiano degli anni Novanta non è mai piaciuto anche per queste ragioni.

Centrismo politico, statalismo e moralismo piccolo-borghese sono i mali che affliggono la nostra società e che le impediscono di fare un salto verso una linea di sviluppo imprenditoriale.

L'individualità è il motore della Storia. Essa, però, è stata soffocata dalla falsa retorica dell'uguaglianza che, strumentalizzata, è divenuta sinonimo di appiattimento.

Tale celebrazione della mediocrità si è avuta, in primis, nella Scuola post-sessantottina.

A confronto, l'archetipo educativo gentiliano, fascista, appare come un esempio di liberalismo. Se infatti ci addentriamo nell'indagine storica - tralasciando i pregiudizi che ancora attanagliano un periodo infausto per la nostra nazione e, complessivamente, illiberale -, ci rendiamo conto che, almeno in linea di principio, la Scuola di Giovanni Gentile presentava tratti di modernità impressionanti.

Nemico di ogni sterile nozionismo, il prototipo gentiliano si incardinava sull'idea della Cultura come strumento di perfezionamento, di elevazione spirituale, intellettuale, etica e morale. L'individuo stava, in questa prospettiva, al centro di tale processo. Eccellere significava, innanzitutto, sviluppare un acuto senso critico e libertà rispetto alla massa.

In che modo, oggi, si stimola all'eccellenza? Porsi un simile quesito è fondamentale, poiché ne va della libertà, anche economica, del nostro Paese. Da ciò dipende, infatti, la qualità della classe politica, imprenditoriale, lavoratrice, nonché il grado di coscienza e di felicità personale.

Il materiale di studio viene presentato agli studenti in maniera scialba, simile ad un ricettario di cucina, senza che essi possano trarre quegli stimoli necessari per diventare individui, anziché componenti di una massa di semplici consumatori inconsapevoli e di automi. La Scuola italiana istupidisce, intorpidisce le menti con lo slogan dell'uno-vale-uno, da cui non può scaturire alcunché di buono. Chi aspira ad emergere viene messo a tacere, accusato di ritenersi superiore e, pertanto, pericoloso per l'ordinamento pubblico. Invece, dovrebbe essere apprezzato, innalzato dalla società stessa come potenziale motore di sviluppo. Costui dovrebbe essere un modello, ossia uno stimolo a crescere, a fare di meglio.

Il mio discorso non ha nulla a che vedere con il maggiore pragmatismo o il raggiungimento di target formativi. La Scuola deve continuare ad essere tale, ossia occuparsi di Cultura, di ciò di cui si è sempre occupata e di cui si occupa, ma in maniera diversa, stimolando la crescita di idee, pensieri e sentimenti in grado di arricchire spiritualmente, intellettualmente, moralmente ed eticamente chi studia. Solo così ci si prepara a diventare uomini e cittadini virtuosi, capaci, un domani, di edificare qualcosa di straordinario (e non solo di utile) per la societas.

La filosofia neohegeliana di Giovanni Gentile sta a dimostrarci l'importanza di tale processo di autocoscienza, la quale, nella sua evoluzione, deve farsi Spirito, conciliarsi con l'assoluto, ossia la pura Ragione. Anche se ciò può sembrare astratto idealismo, la Ragione hegeliana non corrisponde - secondo Gentile - ad un'idea distaccata, per così dire imposta o calata dall'alto. Si tratta di un percorso attraverso cui l'individuo perviene a se stesso, al grado di massima coscienza. L'oggetto del pensiero cessa allora di essere qualcosa di estraneo e di alieno per divenire parte di sé: interiorizzazione del Concetto e pieno possesso della realtà.

L'homo quadratus, o homo novus, è l'ideale di Gentile e, prima ancora, del Rinascimento italiano ed europeo. Non a caso, continuiamo a ricordare questa fase storica come una delle più creative del nostro passato.     

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