
La svolta di centro... destra
Di Alessandro Cantoni
Qualcuno sostiene che l'evoluzione in atto nel centro-destra coincida con una sorta di svolta liberale. Non sono d'accordo. Piuttosto, parlerei di svolta centrista, che ha un altro significato.
In questo Paese non c'è mai stata alcuna svolta liberale, e vi spiego perché. In primo luogo, qualcuno pensa che essere liberali voglia dire accettare incondizionatamente il libero mercato mondiale. Falso. Per Adam Smith, fondatore di tale dottrina, liberalismo e nazione sono concetti inseparabili. Non avrebbe mai accettato un libero mercato a scapito della "ricchezza delle nazioni". Lo Stato esiste, nel liberalismo, in qualità di garante o di controllore, se si preferisce. Ecco perché in alcuni casi ostacolare iniziative private lesive verso la nazione non è un atto illiberale, come sa bene Donald Trump, il quale non può certamente essere definito un socialista.
Liberalismo connesso alla nazione significa innanzitutto favorire il processo di sviluppo economico dei cittadini, e in Italia ciò non è mai avvenuto. Prova ne è il fatto che la burocrazia continua a costituire un limite insormontabile, mentre la pressione fiscale resta alle stelle. Dove sono i nostri liberali? Se ci siete, battete un colpo. Poi, certo, apertura dei mercati, ma quest'ultima non dev'essere contraria agli interessi nazionali o danneggiare le nostre imprese. Per intenderci, qualcuno mi spiega qual è il senso di comprare energia prodotta con il nucleare in Francia, se poi diciamo no al nucleare italiano? Non mi sembra affatto un affare conveniente alla nazione, dal momento che non abbiamo un margine di controllo sui prezzi. Si potrebbe continuare all'infinito.
Svolta centrista, dicevo. Quest'ultima è una strategia, a mio avviso, di realpolitik e, dunque, a ben guardare, tutt'altro che irragionevole. Il centrismo non è un ideale politico, bensì un adattamento, una presa di coscienza del fatto che le cose vanno in un certo modo e sarebbe sconveniente opporvisi. E' centrista l'uomo che, anziché sfidare la corrente, decide di lasciarsi trascinare da essa: con il minimo sforzo, otterrà il vantaggio migliore: arrivare fino al mare. Tuttavia, non è detto che lungo il tragitto non si impigli a qualche ramo o precipiti in un mulinello. Per uscire dalla metafora, è bello pensare che la strada da percorrere insieme sia quella della rinuncia alla sovranità per abbracciare l'opportunità della comunità unica, l'Unione Europea. In un contesto globalizzato, ovviamente, si è più avvantaggiati a far parte di una struttura sovranazionale, no? Teoricamente. Ma sappiamo che la realtà è diversa dalle teorie. Può capitare, ad esempio, che gli egoismi nazionali - che comunque non muoiono mai, nemmeno con la globalizzazione - procurino vantaggi ad alcuni membri della comunità e non ad altri. Oltre al danno, c'è pure la beffa di non potersi ribellare, poiché si è deciso di aderire ad una grande famiglia, in alcuni casi più simile al Grande Fratello di Orwell.
I nostri centristi "di destra" lo sanno bene, ma "che vuoi farci?", dicono loro. "Mica possiamo opporci al nostro destino storico, in cui le nazioni sono destinate ad essere superate!".
Ecco il punto. Il centro-destra di oggi punta al potere, mentre io immagino una destra all'opposizione anche quando è di governo. In altre parole, l'illuminismo sta avendo la meglio anche sulla destra: desidera trionfare, bagnare di luce tutto ciò che vi è di barbarico in essa. Di contro al vecchio romanticismo ammuffito, ci vengono presentati tutti i vantaggi dello sviluppo. Perché, dunque, restare nelle tenebre? Perché continuare a lottare per qualcosa di rischioso (il ritorno agli Stati nazionali, un federalismo europeo volontario, la lotta per la difesa dell'entità nazionale), quando un immenso rio scorre placido verso l'oceano? "Ascoltate, è la ragione che parla!". La ragione. Ma anche i sentimenti hanno le loro ragioni, nel senso che non sono privi di ragionevolezza. "Sì, certo, ma sono anacronistici". Falso pure questo. La storia non è in progresso, ma ciclica. Non esistono soluzioni definitive in grado di convalidare un modello per sempre. Chi pensa che gli Stati nazionali sono morti, commette un grave errore, perché dimentica che alla base di essi vi è il popolo, il quale, prima o poi, reclamerà i suoi diritti e chiederà alla politica maggiore protezione. Quale politica è in grado di garantire meglio gli interessi di un popolo? Quella internazionale, forse?
Mi avvio alla conclusione. Ritengo la nuova svolta centrista un atto disonesto nei confronti della destra dei valori animata dalla potenza: non la smania di potere.
Penso che essere di destra ieri, oggi e domani, voglia dire inseguire un ideale che non cambia con il mutar delle stagioni: l'afflato liberale (non neoliberista); la lotta per i diritti sociali; la difesa delle entità nazionali sotto ogni aspetto (economico, culturale, ecc.); l'interclassismo; la visione conservatrice opposta a quella progressista, illuminista. Su quest'ultimo punto vorrei spendere ancora due parole. E' facile assecondare la ragione, che ci invita ad una sempre maggiore estensione dei diritti civili in virtù di un principio umanitario kantiano secondo cui l'uomo non è mai un mezzo ma soltanto un fine. Bene, su questo punto la destra ha una sola visione: poiché l'uomo vive in società, esistono delle finalità sociali: la stabilità e la sicurezza della società medesima. Anche se nietzschiani, dobbiamo credere nelle virtù della natura (o giusnaturalismo) che si oppongono a tutto ciò che va contro la natura stessa - o ciò che si reputa tale. Se non altro, per amore della coesione sociale. Lascio la parola a un grande maestro, Friedrich Nietzsche: "Non la verità e la certezza costituiscono l'antitesi del mondo dei dissennati, ma l'universalità e obbligatorietà universalmente imposta di una credenza, insomma la non arbitrarietà del giudicare. E il più grande lavoro degli uomini fino ad oggi fu quello di mettersi d'accordo gli uni con gli altri su moltissime cose e d'imporsi una legge dell'armonia - indifferenti al fatto che queste cose fossero vere o false. Tale è la regola disciplinatrice della mente che ha conservato l'umanità - ma gli istinti contrari sono ancor sempre così potenti che in fondo è lecito parlare dell'avvenire dell'umanità con scarsa fiducia. Continuamente indietreggia e si altera l'immagine delle cose, e forse d'ora in avanti sempre di più e più in fretta che mai; proprio gli spiriti più eletti continuano a recalcitrare contro quella obbligatorietà universalmente imposta - i ricercatori della verità in prima fila! Continuamente quella credenza, come credenza universalmente accettata, genera nelle teste più fini un disgusto e una nuova cupidigia: e quel tempo di adagio che essa richiede per tutti i processi spirituali, quell'imitare la tartaruga, sforma artisti e poeti in apostati - questi sono gli spiriti impazienti, in cui erompe un vero e proprio godimento della follia, poiché la follia ha un tempo così allegro! Occorrono dunque intelletti virtuosi - ah! Voglio usare la parola irrevocabile - occorre la virtuosa stupidità, occorrono coloro che battono imperturbabili il ritmo dello spirito lento, affinché i credenti della grande fede collettiva restino e insieme e proseguano ulteriormente la loro danza: è una necessità di prim'ordine che a questo punto impera e pretende. Noialtri siamo l'eccezione e il pericolo - abbiamo eternamente bisogno di difesa! - Così si può dire effettivamente qualcosa a favore dell'eccezione, supposto che non voglia mai diventare regola".