La vita spericolata del dandy di successo

26.02.2020

Howard Hughes

Di Alessandro Cantoni

Anche l'America a stelle e strisce ha avuto il suo vate. Un profeta in patria, che non serbò il dono della poesia, ma seppe trasfondere un certo effluvio artistico e misticheggiante alla quotidianità. L'uomo rispondeva al nome di Howard Hughes. Aviatore, regista, imprenditore di successo, ma anche viveur e sciupafemmine. Definire la personalità di questa cometa impazzita è impresa ardua per i suoi biografi, ma un fatto è certo: egli fece proprio il motto dannunziano memento audere semper. In ciò si nasconde la chiave d'ogni successo, perché la terra non è degli spiriti fiacchi, ma degli arditi.

Sfidò la sorte, ricordando al mondo intero che la vita non è altro che una commedia, la cui riuscita dipende dall'estro artistico, ovvero la capacità di dipingere a tinte luminose l'opera dell'esistenza.

Il giovane era brillante, ambizioso. Provocatorio, irriverente, anticonformista. Un adone del cinema che amava adornarsi di abiti in flanella e cravatte di seta. Ma anche lui aveva una piccola luna storta. Non sopportava il senso comune ed era repellente a qualunque esibizione tra la folla. Howard non era snob. Pur con quel suo portamento aristocratico alla Errol Flynn, preservò un carattere fiero e schietto, a tratti persino brusco, tipico del country gentleman. Non c'è che dire, Hughes era un texano verace. Conobbe ed imparò ad apprezzare la vita mondana ed i lussi dell'alta borghesia, ma disprezzava i radical chic, specialmente quei rampolli che, per pavoneggiare, ostentavano ridicole opinioni da filantropi col portafoglio ben imbottito, o che per essere alla moda si fingevano dei progressisti. Hughes era repubblicano, e lo dimostrò quando, nel '56, elargì parecchi quattrini alla Nixon Incorporated per la campagna elettorale del Presidente.

Hughes era un uomo di destra, ma anarchico, fuori dagli schemi. Dai suoi compagni di partito non ereditò certo un'idea bigotta della società. A tal punto che perfino nelle sue pellicole cinematografiche adorava beffarsi di una morale ipocrita e patriarcale, mostrando seni prosperosi di giovani fanciulle in primo piano.

Per rendere il giusto omaggio a questa personalità eccentrica, bisognerebbe ricordare anche i suoi voli ardimentosi, in cui cercò di sfidare ogni legge della fisica. In uno dei suoi primi film, Hell's Angels, diede forma ad una delle più spettacolari rappresentazioni acrobatiche degli anni Trenta. Quasi un centinaio di velivoli solcarono i cieli tappezzati di bianco, prodigandosi in folli manovre da capogiro. Affascinato dalle fantasie letterarie di Jules Verne e dal mito futuristico della velocità, Howard progettò il suo aeroplano, passato alla storia come l'H4 Hercules. Fabbricato dalla sua azienda, la Hughes Aircraft Company, fece il giro del mondo in poco più di tre giorni, affrontando le forze della natura con quel suo solito fare audace e sprezzante del pericolo. Questo resterà di Howard, insieme ai nastrini di seta e al profumo di donna sul dolcevita di cashmere. Profumi di stupefacente varietà, dolci ma forse anche amari, come quello che gli lasciò la raffinata e, allo stesso tempo, scapigliata Katharine Hepburn.

Come ogni amante del rischio, finì in disgrazia, divorato dalle sue ossessioni e dalle ipocondrie. La sua morte non fu gloriosa, ma almeno crepò per quello a cui aveva lavorato tutta una vita, dedicandovi anima e corpo. Era un giorno di primavera quando il suo destriero con le ali lo portò via con sé. Anche le stelle, si sa, prima o poi, si inabissano nella loro stessa luce.     

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