L'arte è lo scrigno che svela l'essere

01.11.2018

Il saggio Socrate diceva: conosci te stesso. Già, ma che cosa significa conoscersi? Vuol dire semplicemente riconoscersi, oppure anche riconoscere? Bella domanda, da un milione di dollari, come direbbero in America. Eppure sembra proprio la questione fondamentale, perché dal nostro rapporto con l'io deriva il rapporto più profondo che ci lega ad un noi universale: il legame con l'altro, l'essere- per-l'altro, oltre che per se stessi. In età recente, Heidegger ha speso un'intera vita ad interrogarsi sull'essere in senso ontologico, ovvero sull'essere dell'uomo. Non l'essere delle cose che sono e che permangono, per dirla con Parmenide, ma primariamente l'essere dell'uomo. Ciò che fa di un uomo colui che è, nella sua unicità. E noi, siamo sicuri di conoscerci? Certo, queste sembrano domande alle quali è difficile rispondere e di cui ci interessa ben poco occuparci. Il fatto è che, presi dalle nostre occupazioni quotidiane, abbiamo smesso di chiederci chi siamo, cosa ci distingue dagli oggetti che coronano la nostra esistenza. Secondo Heidegger, siamo precipitati nella «notte dell'essere», abbiamo ridotto la nostra unicità in esistenza grama, misera, sperduta. È in questo contesto che entra in gioco l'arte, quell'arte che, come scrive il critico Alessandro D'Angelo «è l'unica cosa che può ancora penetrare le supreme verità dell'essere». Verità non è ciò che i logici chiamerebbero tautologia, ovvero un'asserzione sempre valida e perciò priva di valore informativo. Verità significa riportare alla luce, svelare, ovvero togliere il velo che offusca i singoli elementi. L'arte dunque risveglia, sollecita il nostro essere più profondo. Quando osserviamo un'opera d'arte qualcosa in noi si ridesta, si schiude a poco a poco, facendo riemergere ciò che è rimasto nascosto, celato alla vista e ai sensi. Il nostro essere è l'anima di cui parla Platone, qualcosa a metà tra il materiale e ciò che è evanescente. 

 IL NENUFARO BIANCO 

L'essere è una sorta di subconscio che non riguarda soltanto la psiche, ma che ha a che fare strettamente con essa. L'essere è l'essere nella sua integrità, totalità. Possiede anche una dimensione extracorporea, immateriale: l'anima. Quest'anima non è qualcosa di metafisico, di ultrasensibile; è di fatto strettamente legata alla dimensione corporale. Quando l'osservatore è posto di fronte all'opera d'arte, dicevo, le corde dell'anima incominciano a vibrare. Avviene qualcosa di simile al nenufaro bianco, decantato in un bellissimo poema di Stéphane Mallarmé . Sfiorata dai raggi serotini, la meravigliosa ninfea si ripiega tra le acque cupe dello stagno per poi riemergere maestosa e superba all'alba di un giorno nuovo. Sono i raggi del sole a destarla dal lungo sonno. Lei, regina tra le ninfee, dispiega la sua corolla. Similmente fa l'anima dinnanzi all'opera d'arte: si apre. Non tutti gli artisti possiedono la chiave per accedere allo scrigno dei nostri pensieri più intimi. L'artista, infatti, alla sua abilità tecnica deve unire la poetica, se vuole evitare di mettere al mondo una creazione sterile e perciò fine a se stessa.

 L'ARTISTA 

Ecco quanto è in grado di fare Annunziata Albonetti , le cui opere sono in esposizione permanente nel suo atelier di Castel Gandolfo , Via Roma 3 (Piazza della Libertà) . Alcuni dei suoi quadri sono esposti nella Chiesa Madonna della Cona in Piazza Cesare Battisti. Danneggiata dalla brutalità di alcuni vandali, è stata ristrutturata nel 2004 dalla dolce e sensibile Maestra d'Arte, grazie al contributo di Dario Vargas . Non solo arte sacra, bensì visioni misteriose, esoteriche, sogni vengono tradotti in colori sgargianti, vibranti, pastosi. Ma anche corpi nudi e bellissimi, alternati a sagome straziate. Ciascun quadro fa parte di un più largo insieme, di un puzzle costituito di tanti tasselli della sua esistenza certamente tormentata, malinconica, ma in cui riluce un bagliore infinito: la speranza. La speranza di riportare in vita l'umano che c'è in noi. Dense di umanità sono le sue Madonne, ma anche il suo Gesù di Nazareth è un uomo tra gli uomini. Albonetti intende far rivivere l'autenticità di ogni creatura. È questa l'unica strada percorribile, se si desidera ritrovarsi e ritrovare l'altro.

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