L'Occidente siamo noi
Di Alessandro Cantoni
Dalle origini greche attraverso la tradizione cristiana e le lotte politiche per l'affermazione della borghesia, l'Occidente è storia di valori, lotte e conquiste, di cui l'Illuminismo ha saputo rappresentare la sintesi e che il Romanticismo ha voluto esaltare.
"Noi siamo l'Occidente", è una frase che si sente ripetere spesso. Ma cosa significa, esattamente? La risposta non è affatto semplice, dato che dobbiamo addentrarci nel terreno della macro-storia. Definire l'identità di un Continente, in questo caso l'Europa, richiede un'analisi intorno ai grandi movimenti che hanno coinvolto l'intero territorio, o che, quanto meno, hanno esercitato un influsso potente su di esso.
Io credo che l'Europa moderna vera e propria sia sorta con l'Illuminismo. Un'epoca chiave, poiché sintesi delle molteplici esperienze che hanno preceduto il XVIII secolo.
Nell'Illuminismo si condensa la storia dei greci e dei romani, il Medioevo e l'umanesimo rinascimentale dell'età moderna. Ma procediamo per grado in questa sintesi.
Mi scuso in anticipo se, per ragioni stilistiche e di spazio, dovrò adoperare un taglio rispetto a molti avvenimenti ritenuti importanti dai lettori. Voglio però dire sin dall'inizio che tale ricerca, frutto di una selezione derivata da diversi anni di studi storici, ha valore solo in qualità di abbozzo o di base d'appoggio per ulteriori approfondimenti che richiedono un lavoro di studio personale più dettagliato.
Parlando di movimenti, non possiamo che partire dalla storia dei Greci. Essi hanno trasmesso al mondo romano l'idea di libertà in senso politico, ma anche quella di clemenza,che costituisce un presupposto per la pace sociale e il consensus acquisito presso le popolazioni conquistate. Sappiamo infatti che, per estensione, l'impero romano attraversò l'Europa, ad eccezione dei territori al di là del Reno e del Danubio (a parte la Dacia, attuale Romania).
La solidità delle istituzioni romane, fortemente minacciate dai movimenti barbarici del V-VIII secolo, è stata messa in salvo dal cristianesimo politico di Carlo Magno. Prima di lui, Giustiniano si era rivelato troppo debole e ormai promotore di una visione anacronistica, ribaltata dagli avvenimenti storici.
Il motore della Storia era infatti divenuto il cristianesimo, e soltanto Carlo Magno riuscì a fare di esso uno strumento di egemonia politica, oltre che culturale. La tradizione romano-cattolica si propagò in maniera più limitata dal punto di vista geografico rispetto a quella imperiale, ma diede vita a nuovi vincoli di obbedienza presso i cittadini dell'Europa occidentale. Quella orientale, del canto suo, fu divisa tra ungari di tradizione cattolica e slavi in bilico tra la Bisanzio ortodossa e l'occidente cattolico. Quelli che si allontaneranno successivamente dalla tradizione culturale della vecchia Europa, sono l'antica Rus' con i suoi eredi, la Serbia, la Macedonia-Bulgaria, più i principati moldavo-valacchi; mentre al cattolicesimo aderiranno Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Croazia.
Da un punto di vista politico, sappiamo che dopo la caduta dell'impero, i sovrani romano-germanici non seppero mantenere il controllo e l'autorità su principi e signori feudali, malgrado i tentativi della Chiesa di Roma, almeno prima della lotta per le investiture del XII secolo, di dar vita ad una ordinatio ad unum tra potere temporale e spirituale. Il popolo, del canto suo, credeva nell'autorità divina del re in tutti i territori di tradizione carolingia, ma continuava ad appoggiarsi a principi e signori feudali locali che esercitavano, di fatto, l'egemonia economica, politica, in molti casi persino giuridica.
La loro autorità crebbe fino agli albori dell'età moderna, laddove l'economia restava chiusa entro i confini di realtà comunicanti, basata sull'agricoltura e sul commercio di prossimità. In questo contesto, i re furono succubi dei feudatari, mentre la popolazione rimaneva alle dipendenze del signore, senza che potesse svilupparsi un ceto mercantile, borghese, vero e proprio.
Un'evoluzione in questo senso fu dovuta al progressivo rifiorire delle città nell'XI secolo, in cui cominciarono a svilupparsi attività come l'artigianato, le manifatture, l'edilizia, i servizi, e affermandosi nuovi gruppi e ceti ai quali passò, col tempo, la direzione delle città stesse.
Nel XIII secolo nasceranno addirittura vere e proprie leghe o anse, come la lega anseatica, ossia reti commerciali promotrici di un'iniziativa economica, non più soltanto regionale o locale, ma addirittura internazionale.
Tra XI e XIII secolo, si assisteva alla riconquista del potere politico da parte dei sovrani, in particolare in Francia, oltre a varie politiche di compromesso tra ceti feudali e monarchia, a conferma di un modello politico feudale-rappresentativo: dal common law alla Magna Charta in Inghilterra.
Decisiva, per la storia d'Europa, fu l'età moderna, in cui si assisté alla nascita delle realtà nazionali e all'ingresso della borghesia - ormai in pieno sviluppo grazie alla formazione di un mercato più aperto e alla futura rivoluzione industriale - nella vita politica. Sotto il regno di Edoardo III, già nel 1341 il parlamento inglese era stato diviso in due camere distinte: i membri dell'aristocrazia e del clero componevano la Camera dei Lord, mentre i cavalieri e i borghesi eletti formavano la Camera dei Comuni.
In Francia, nel XVII secolo, i nuovi ministri furono per lo più funzionari di estrazione borghese. In particolare, Luigi XIV diede avvio a questa iniziativa, nel tentativo di indebolire i suoi principali avversari, ossia i nobili.
Da qui alla presa di coscienza da parte della classe borghese, il passo era breve. Il Terzo Stato si rendeva ormai conto di costituire una maggioranza silenziosa.
Come scrisse l'abate Emmanuel-Joseph Sieyès: "Che cos'è il terzo stato? Tutto. Che cos'è stato finora nell'ordinamento statale? Nulla. Che cosa vuole? Diventare qualcosa".
La Francia e, in seguito, nel XIX secolo, l'Europa, si avviava verso quella rivoluzione borghese, proseguita in varie forme sotto il nome di Risorgimento italiano, Unificazione tedesca, ecc. L'avanzata verso l'edificazione di un ordinamento costituzionale era ormai irrefrenabile, nonostante i tentativi di restaurare le vecchie monarchie e gli imperialismi latenti. Lo stesso Napoleone Bonaparte, tuttavia, va inquadrato entro un preciso contesto storico, così come le politiche della Convenzione, di Robespierre e del Direttorio vanno lette nell'ottica (naturalmente parziale e arbitraria) di salvaguardia della rivoluzione piuttosto che come fenomeni separati da essa.
In generale, nella vita politica e presso gli influenti ceti intellettuali dell'epoca, si andava affermando sempre più l'idea che la ragione dovesse applicarsi alle questioni di Stato.
Ma cosa restava, per concludere, dell'Europa, in senso
culturale? L'Illuminismo, come dicevo all'inizio, costituì una perfetta sintesi
tra i valori dell'umanesimo cristiano e laico, ma anche di quegli ideali
repubblicani che avevano a Roma il proprio fulcro d'origine, mentre il Romanticismo, nel suo lato migliore, ne ha esaltato la carica rivoluzionaria. Tali princìpi
furono minacciati dal totalitarismo nazista del XX secolo, fautore della
distruzione dell'Occidente stesso. Oggi, il principale pericolo deriva dal
fascino esercitato da certi dispotismi orientali (come quello russo e cinese) e
dal capitalismo nichilistico di matrice americana.