L'omosessualità è un valore, la legge Zan no

20.04.2021

Di Alessandro Cantoni

1984. Ops, scusate, 2021: il mondo è nelle mani dei fantocci del politicamente corretto. Il loro motto suona come un monito agli infedeli e rievoca tempi infausti: "colpirne uno per educarne cento". Così, infatti, essi intendono punire la schiuma della terra, i barbari reazionari del nuovo millennio. La peggiore provocazione arriva con il decreto legge Zan, attraverso il quale potrebbero essere reclusi gli accusati di discriminazione sessuale.

Queste nuove imposizioni giuridiche suonano di processo alle streghe di Salem, più che un tentativo di sensibilizzare al tema. In Italia, infatti, si confonde troppo spesso la forma con la sostanza.

Il regno dell'ipocrisia stende sovranamente i suoi tentacoli veleniferi, aspirando a diventare ciò che non è: più tollerante e à la page. Frattanto, si conduce una guerra spietata alle parole (siamo ancora incagliati nella pura esteriorità), nella convinzione che dietro espressioni come "negro" o "checca" si celino sempre intenzioni malevole e odio discriminatorio.

In realtà, l'omosessualità possiede - anche per la destra - una sua profonda dignità morale, culturale, spesso trascurata.

Il momento storico in cui ha iniziato ad affermarsi, sebbene per un breve periodo, una sorta di eroismo intrinseco alle condizioni di stravaganza, eccentricità, diversità, coincide con gli ultimi decenni dell'Ottocento e gli inizi della Belle Epoque, nella cosiddetta Europa fin-de-siècle.

L'eroe decadente fu molto apprezzato nei circoli intellettuali per la sua ribellione verso i canoni di condotta morale piccolo-borghesi dell'età vittoriana.

Lo spettro di morte che aleggiava sulla società decadentista recava altresì un alone di speranza e di rivincita, in cui l'accento si spostava gradualmente sulle qualità individuali.

A influenzare gli intellettuali dell'epoca contribuì un'intensa stagione romantica, dove si affermò la vittoria di Manfred sulle forze cosmiche dell'universo.

Il culto per tutto ciò che è misterioso, ignoto e assurdo, trasformò in un'immensa opera d'arte la vita interiore più recondita.

Tale clima mise in luce figure fino ad allora rimaste nell'ombra e disprezzate, come ebrei e omosessuali, i quali poterono essere accolti nei circoli più prestigiosi della Parigi modaiola, grazie alle loro qualità intrinseche: ebraicità e omosessualità sublimate.

Naturalmente, tali inclinazioni non dovevano essere esplicitamente dichiarate, poiché l'ambiente sociale del tempo ne sarebbe rimasto urtato.

Tuttavia, salottieri e mecenati furono consapevoli di queste loro inclinazioni, le accettarono e, per certi aspetti, apprezzarono in maniera autentica, sincera, il loro genio ed estro controcorrente.

Ciò che consentì la diffusione di questo nuovo movimento culturale fu il cambio di paradigmi che sopravvenne alla fine dell'Ottocento. Per l'aristocrazia europea, la tutela degli anticonformisti rappresentò anzitutto un motivo di riscatto. Finalmente i valori aristocratici si rivelarono superiori a quelli borghesi. Avanzava un'aristocrazia dello spirito, rifiutando tutto ciò che è convenzionale: il mito del progresso, della produzione, della ragione applicata al contesto storico e sociale del momento, ossia l'industrializzazione.

Purtroppo, il dandismo fu solamente una delle tendenze culturali in cui si manifestava la superiorità intellettuale di un ceto sociale ormai ai margini. Il terrore della guerra imminente portò alla ribalta negli anni dell'imperialismo le teorie di aristocratici della razza come Arthur de Gobineau, i quali avrebbero preparato le basi di un nuovo sterminio e disprezzo delle minoranze.  

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