Manifesto degli uomini, ominicchi e quaquaraqua

- Merita una riflessione l'articolo 4 della Costituzione italiana:
La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società
Nelle parole centellinate dei costituzionalisti è racchiusa l'intera forza evocativa per cui ogni espressione, secondo un principio giuridico, riveste una specifica rilevanza.
Il lavoro, tema che ho avuto modo di affrontare a più riprese, è un diritto del cittadino, ma, al tempo stesso, un suo dovere.
Ciascun membro della Repubblica non solamente può, bensì ha l'onere - oltre che l'onore - di concorrere "al progresso materiale o spirituale della società".
Tutte le funzioni, ma anche le attività, hanno pari dignità di fronte alla Costituzione, purché, secondo una logica genuina di capitalismo "classico", siano indirizzate verso un obiettivo sociale, e a patto che queste mansioni vengano effettivamente esercitate.
Questa idea di servizio non deve rievocare alcuna valenza ideologica, bensì ci deve riportare alla dimensione comunitaria del noi, del con-esserci descritto da Martin Heidegger. L'individuo gioca un ruolo di primaria importanza. La Costituzione lo riconosce, promuovendo - non sempre tutelando - l'iniziativa privata.
E' riconosciuto il lavoro manuale di chi, come i lavoratori nelle miniere di Verga, di Zola, o i braccianti raffigurati da Giuseppe Cominetti ne I conquistatori del sole, con le mani plasma, crea, offre al mondo un prodotto dell'arte, intesa nell'accezione kantiana come frutto dell'opera meccanica dell'uomo. Allo stesso modo, hanno pari dignità i filosofi, i letterati, gli uomini e donne di pensiero, che costruiscono le impalcature della società giocando con le parole, i pensieri, le attività dell'intelletto.
Lavorare è sacrificarsi, ma anche realizzarsi, in funzione di un progetto collettivo. Significa rendersi vitali, utili, liberi, secondo una dizione del presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Lavorare è anche rimboccarsi le maniche, aguzzare l'ingegno. Ma sono i lavoratori i veri uomini; sono "quelli che sudano il salario dalla mattina alla sera" anche per Leonardo Sciascia ne Il giorno della civetta.
Degli pseudo-anarchici e di chi non vuole concorrere allo sviluppo della entità Paese-mondo, ne faremmo volentieri a meno, così come dei "mezzi uomini, ominicchi e quaquaraqua". Non si può che concordare con Sciascia, anche in questo caso.