Mea culpa
6 agosto 2018. Una data memorabile, da incidere con il sangue. Non il sangue delle vittime innocenti, ma quello di chi è responsabile.
I colpevoli hanno un nome ed un cognome. Sono i caporali, esseri spietati che certo non piangeranno per la morte dei dodici braccianti deceduti a bordo di un veicolo nei pressi di Lesina, nel foggiano. Quel che è peggio è che non vi sarà nessuno a deporre dei fiori sulle loro tombe; la pubblica opinione, da domani, tornerà a svolgere ogni sua mansione, rimuovendo il trauma di quanto accaduto in questa giornata infernale.
Oltre alla ferita bruciante che ci incide nella carne questo drammatico episodio, qualcuno contribuirà a colmarla con del sale, intossicandola.
Tutti noi abbiamo il coraggio ed il dovere di proclamare quanto riluttante sia il circolo vizioso del caporalato, fenomeno diffusissimo e vera piaga del nostro Paese. Ma saranno in pochi a trovare la forza di pronunciare parole gravi quanto veritiere. Dobbiamo dire cioè, a questi migranti, perché non bisogna venire in Italia, quanto sia rischioso e quanto convenga loro rimanere nei propri paesi, cercando di costruire una vita dignitosa entro i confini di quel continente bello e disgraziato quale è il territorio africano.
E' questo il futuro che stiamo preparando alle centinaia, anzi migliaia di rifugiati che non solo accogliamo, ma addirittura esortiamo a raggiungere le nostre coste. Li spingiamo a cadere nella rete degli assassini, spietati succhiatori di sangue: i caporali che reclutano abusivamente manodopera. E noi siamo i veri complici morali di quanto sta accadendo.
Dodici lavoratori, dodici eroi sono morti carbonizzati nel pomeriggio. Per la stampa, per i politici, per i buonisti non hanno un nome. Solo un corpo trucidato da mostrare, incastrato tra le lamiere arroventate.
Sono le ore 14 quando accade un altro, catastrofico incidente. Rassomiglia ad uno scenario di guerra quello registrato dalle telecamere degli automobilisti e dagli abitanti sorpresi da un boato lungo la A14, nei pressi di Borgo Panigale. Protagonista della vicenda un altro Tir, trasportante liquidi infiammabili e scontratosi con un camion lungo la carreggiata. Il bilancio sale a oltre settanta vittime e due morti. Il sangue scorre a fiumi in questa giornata infernale.
Eppure, da molti anni persiste un'emergenza riguardante l'intensificazione del trasporto di merci su ruota. Un traffico che si rivela spesso fatale per la incolumità degli automobilisti, costretti a muoversi lungo le nostre deplorevoli vie di comunicazione. Ma per qualcuno la vera cancrena non è dovuta all'insufficienza di adeguate infrastrutture, di collegamenti rapidi attraverso linee ferroviarie, come avviene in ogni Paese civile. A sentire certi progressisti rivoluzionari, come amano definirsi, il vero problema è la Tav che non si deve realizzare.
Più Tir, meno treni potrebbe essere lo slogan dei progressisti e sabotatori. C'è di grave, tuttavia, che nella "Repubblica delle lettere" siano proprio i letterati a fornire sostegno a certe teorie. In questo caso una parte della classe politica, la quale non sembra distinguersi molto dai capitani di fregata, nel senso che sì, ci stanno fregando, per dirla con un eufemismo. L'alta velocità ci occorre, è necessaria per evitare situazioni di questo tipo, per ridurre il trasporto su ruota che, ogni anno, costa la vita a centinaia di persone.