
Olivetti: la storia di un visionario di successo

Adriano Olivetti nel 1957

Interni del complesso di Ivrea, Fondo Paolo Monti, di proprietà BEIC, Civico Archivio Fotografico di Milano

Uffici della Olivetti, Fondo Paolo Monti, di proprietà BEIC, Civico Archivio Fotografico di Milano
Di Alessandro Cantoni
La storia di Adriano Olivetti è quella di un
visionario, che ha saputo dare senso alla parola impresa.
Oggi, viviamo in un'epoca dove gli imprenditori hanno vita agra. Spesso, sono costretti a decidere se pagare le tasse o i propri dipendenti. In alcuni ambienti, solitamente più provinciali, si creano delle piccole sacche di precarietà, dove il lavoratore agisce sotto pressione, perché sa che, se non soddisfa certi standard di produzione, può essere messo alla porta.
Quello italiano è un sistema funzionante alla rovescia per colpa della politica. Quest'ultima ha preferito, per mere ragioni elettorali, erogare sussidi a pioggia. La verità è che andrebbe rivisto completamente lo stato sociale di questo paese, compresi inutili sussidi e indennità troppo onerose. Uno Stato serio, anziché erogare mance, pensa a ricucire il tessuto economico della nazione, ovvero le imprese. Destina risorse e investimenti per rendere più facile la vita di chi ogni giorno, nonostante tutto, offre il pane quotidiano a decine, centinaia, migliaia di famiglie.
Prima ancora che un industriale, Olivetti si rivelò un lucido visionario, probabilmente influenzato dalle utopie socialiste di Marcuse. Sognava una comunità nuova, fondata sulla giustizia sociale e sul rispetto. Credeva che la felicità, non in senso astratto, ma concreto, fosse l'unico motore per il pieno sviluppo delle potenzialità umane. In Italia, paese in cui il ruolo dei sindacati era sempre stato più marginale rispetto ad altre realtà avanzate come l'Inghilterra o la Francia, la sua volontà di cambiamento venne osteggiata.
Soprattutto, persisteva un'idea tradizionale di industria, che non aveva fatto i conti con le esperienze più innovatrici. Nonostante la formazione ingegneristica, Olivetti intuì che il modo migliore per incentivare la produzione e rendere costante la prestazione dei lavoratori, consisteva nel creare le condizioni ambientali adatte. In questo senso, intraprese la strada indicata da alcuni professionisti della formazione come Kurt Lewin, celebre ideatore della teoria del campo. Sulla scia di quest'ultimo, Olivetti evidenziò le notevoli contraddizioni insite nel sistema produttivo fino ad allora dominante, il taylorismo, imperniato sulla catena di montaggio ed una staticità che rendeva il produttore parte di un ingranaggio meccanico. Tali furono le considerazioni del filantropo: innanzitutto, occorreva guardare in maniera diversa al rapporto con il dipendente. Colui che anima la vita all'interno dell'azienda è a sua volta un individuo dotato di personalità, di bisogni umani che vengono per lo più sublimati nell'atto lavorativo tecnico.
L'istruzione permane la condizione necessaria alla libertà dell'uomo prima ancora che del cittadino.
Non occorrerebbe soltanto la formazione strumentale, come veniva intesa da Donal Alan Schon o da Etienne Wenger, ma anche l'apprendimento trasformativo ideato da Jack Mezirow, capace di suscitare una riflessione sui contenuti.
All'interno della fabbrica sorsero biblioteche e sale dedicate ai dibattiti e ai concerti musicali. Gli operai entrarono così a far parte di un circolo virtuoso totalmente riformatore. Lavorare doveva significare, agli occhi di Olivetti, sentirsi parte di una grande famiglia. Attraverso la propria azione, Olivetti riuscì a dimostrare che era possibile creare le condizioni di benessere non soltanto materiale, ma anche oggettivo, pur rimanendo ancorati al vascello del capitalismo. Un sistema che, come aveva insegnato la generazione socialista e liberale di Rosselli, poteva essere ottemperato. Ancora oggi, le idee di Olivetti meritano una riflessione da parte delle associazioni e, soprattutto da parte della politica. Occorrono molte risorse per concretizzare un simile progetto a livello nazionale. Questo può essere incentivato solamente attraverso un completo ripensamento delle politiche economiche che, attualmente, stanno soffocando il cuore pulsante dell'Italia.