Scienza ed etica: la conoscenza ontologica
Di Alessandro Cantoni
La conoscenza, per l'uomo, è un'arma a doppio taglio, che può portare a diversi atteggiamenti verso il mondo: il relativismo e il nichilismo (ovvero il pessimismo) , oppure l'ottimismo.
Nell'era contemporanea ci sembra che la conoscenza possa fare qualsiasi cosa, ma non dimentichiamo che essa è un processo dipendente dall'uomo e, pertanto, può essere incanalata in qualunque direzione. Non esiste la Scienza in assoluto: c'è solamente il sapere come potenzialità umana, nel senso della scoperta orientata consapevolmente. Ora, stando così le cose, nulla impedisce di considerare le sostanze in senso ontologico, oppure di rifiutare ad esse tale carattere, valutandole come semplici fenomeni (ovvero manifestazioni fisiche).
Questo tipo di scienza oggi in voga, relativista, è ciò che definisco sapere indifferenziato o disorientato.
Le conseguenze di questo relativismo culturale sono piuttosto gravi, perché sono accompagnate da una tendenziale sfiducia verso il mondo e possono dare quindi luogo a comportamenti distruttivi: quando la tecnologia, al servizio della scienza, realizza gli scopi di quest'ultima senza alcuna riflessione sul mondo-ambiente, siamo in presenza di un atteggiamento relativistico. Per i relativisti, il mondo è un ente indistinto, privo di statuto ontologico, alias di un carattere sostanziale.
Aristotele non era certo un avversario della scienza, bensì un suo fondatore: qualunque conoscenza particolare era ben accetta, ma doveva fare riferimento a qualcosa di più universale: è ciò che egli definiva "sostanza" o anche "forma", e che non cambia quando sopraggiungono mutamenti accidentali.
Egli riconosceva inoltre che ogni organismo vivente, nel regno delle sostanze fisiche, possiede una dignità superiore: l'entelechia, ovvero la realizzazione di sé, il compimento di un fine proprio, interno a ciascun organismo. L'entelechia indica che quella specifica realtà ha iscritta in se stessa la meta finale verso cui si evolve: ad esempio la crescita, l'autoconservazione. Stando così le cose, è chiaro che Aristotele assegna un primato alla causa finale e alle sostanze dotate di finalità intrinseca.
Se il relativismo è dunque una
sorta di sfiducia verso il mondo, che tende a considerarlo come un "tutto
indifferenziato" e privo di senso, viceversa la sapienza essenziale è
caratterizzata da ottimismo e da un atteggiamento di rispetto e quasi di
venerazione verso ciò che ci circonda. Tutto questo suggerisce comportamenti
etici e senso di responsabilità, oltre che di amore per se stessi in quanto
sostanze naturali dotate del più alto grado di sviluppo.