Se non riparte la scuola muore il futuro dei giovani
L'EDITORIALE
Il sistema scolastico italiano appare, ad un'attenta analisi, fortemente compromesso. Siamo entrati in una nuova era sessantottina, dove la dedizione per gli studi ed il culto per il sapere dialettico, speculativo, sono stati sostituiti dall'asineria dilagante. Le cause di questo fenomeno non possono essere imputate ai nostri ragazzi, i quali subiscono loro malgrado gli effetti di politiche nefaste.
A settembre ci sarà la riapertura delle scuole, mentre regole più ferree riguarderanno le università. Per gli atenei, la capienza nelle aule non dovrà superare il 50%. I restanti studenti potranno seguire i corsi in modalità telematica. Si teme che negli istituti di scuola primaria e secondaria, invece, le lezioni verranno sospese non appena si manifesteranno sintomi da Coronavirus tra i giovani.
La perdita di un anno non è, di per sé, preoccupante, mentre è sconvolgente l'analfabetismo di ritorno. Il mondo di oggi non è più quello di ieri. Il sapere stesso dovrebbe essere improntato su nuove basi. Le abilità culturali dovrebbero comprendere la capacità di fare ricerca attraverso gli strumenti digitali di cui siamo in possesso. Saper selezionare correttamente le fonti è un'esigenza primaria se si pensa che la formazione non avviene più solamente o in prevalenza su supporto cartaceo, enciclopedico. Senza una Scuola aggiornata - ma più in generale senza una Scuola tout court -, è difficile che avvenga questo passaggio.
Essere colti, oggi, significa disporre degli strumenti necessari alla formazione di un giudizio critico. Nel film L'attimo fuggente, Robin Williams aveva anticipato il senso di questo aspetto, sfidando il conformismo ai tempi dilagante. Il sapere nozionistico resta parimenti importante, ma non esclusivo, in quanto facilmente accessibile.
La cultura si esprime altresì nella praticità della vita quotidiana: sapersi orientare nella giungla della burocrazia, avere una forte consapevolezza civica. La molla della cultura è, innanzitutto, la curiosità, che ci dovrebbe guidare in ogni campo dello scibile umano, compreso quello tecnico e meccanico. Le arti manuali (mente, mano, materia, per riassumere un formidabile espediente retorico di Arbiter) risultano essenziali nel completamento e perfezionamento dell'homo novus del XXI secolo. L'incapacità di destreggiarsi nelle piccole faccende domestiche e quotidiane è una grave deficienza e sintomo di analfabetismo culturale.
Cultura significa mantenere, come in parte ho già anticipato, un atteggiamento attivo di fronte alla realtà. Dietro l'idea di indifferenza o il cinismo più spietato, spesso si cela una grave incapacità di comprensione.
In una democrazia malata, il potere politico ha interesse a diffondere un clima di oscurantismo. Avere cittadini più ignoranti significa poter manipolare più facilmente le loro coscienze, guidarli nelle scelte per il futuro e, quindi, ingannarli. Il fatto che i nostri governanti assomiglino sempre più ai vari principi del rinascimento, è confermato dalle esigue risorse che vengono annualmente destinate all'Istruzione.
Confrontandoci con i dati dell'Eurostat, scopriamo infatti che nel 2017, il nostro Paese è risultato ultimo nella graduatoria Ue per quanto riguarda il rapporto alla spesa pubblica complessiva (solamente il 7,9%).
In rapporto al Pil, invece, la cifra è ancor più bassa (3,8%) e ci fa risultare, in questo caso, quintultimi tra le nazioni dell'Unione.
Bassi livelli di preparazione, infine, rendono più precarie le condizioni di vita del lavoratore, destinato alla marginalizzazione in un mercato sempre più fedele alla logica della specializzazione. La cultura è infatti la molla di ogni progresso umano, materiale e sociale.