Tutti i pericoli di un laicismo ideologico

Di Alessandro Cantoni
Il laicismo elevato a ideologia è la degenerazione del pensiero illuminista. È il contenuto della Rivoluzione francese che si fa Terrore e giacobinismo. Ora, è importante prevenire questa deflagrazione per scongiurare, da un lato, il ritorno di un gretto sanfedismo e, dall'altro, la fiducia incondizionata in una visione del mondo nichilista e totalmente meccanizzata.
Il laicismo robespierriano, con il suo culto del progresso e del cosmopolitismo, cancella le differenze. Non esistono più le storie, ma la Storia; dio viene spodestato dal suo trono per eleggere un nuovo sovrano assoluto: la ragione.
A ben vedere, il laicismo dei positivisti ha ben poco a che vedere con la cultura liberale. Come ogni ideologia, anche il laicismo può essere radicale.
Di recente, la collana Giulio Einaudi ha riproposto un libricino di Chimamanda Ngozi Adichie, una studiosa nigeriana vincitrice di importanti premi. Ne Il pericolo di un'unica storia ci mette in guardia da chi pretende di amalgamare i racconti dell'umanità in un unico racconto.
Ciò che bisogna temere, oggi, è il fatto che una frangia di presunti liberali si facciano promotori di un laicismo assoluto. In nome del positivismo, condannano i simboli religiosi nelle aule scolastiche. In nome di un cieco universalismo, considerano il crocifisso un'imposizione, un atto di supremazia nei confronti delle altre culture. I chierici di questa visione sono i cosiddetti liberal o neoliberali. Non soltanto il crocifisso, ma qualunque ostentazione della propria identità - secondo loro - sarebbe da bandire nei luoghi pubblici.
Anche i musulmani sono vittime di questo perverso ideale. E, quel che apparirà sorprendente a certi lettori, non è tanto la destra ad insistere su questo punto, quanto i liberal progressisti. Per fare chiarezza, sarà sufficiente rievocare che nel 1994 fu il ministro dell'istruzione François Bayrou, durante la presidenza del socialista Mitterrand, a mettere in discussione il velo islamico nelle scuole francesi. Addirittura, quello stesso anno venne promulgata una direttiva del Consiglio di Stato, nella quale si vietava l'uso del chador in classe.
Nella civiltà liberale occidentale, qualunque cultura si esprima in forme pacifiche e non violente ha il diritto di esistere. È sbagliato opporsi alla costruzione di luoghi di culto islamici, in quanto tale atteggiamento è impositivo ed autoritario. Non solo, ma è addirittura controproducente a livello pratico, perché non permette di monitorare certe derive radicali che potrebbero insinuarsi in altri spazi più nascosti.
Nonostante la tolleranza debba fungere da guida e da maestra, è giusto ricordare ai nostri ragazzi da dove veniamo, ovvero quali sono i valori fondanti della nostra cultura.
Noi siamo, in questo senso, figli del cristianesimo, sebbene possiamo liberamente scegliere di non credere in Cristo. Questa religione è diventata parte della nostra forma mentis, è qualcosa che abbiamo incorporato nel tempo. Oggi, infatti, rigettiamo gli ideali pagani della "bella morte" aristotelica, dell'eroismo sacrificale, della pederastia, mentre improntiamo le nostre azioni all'ideale di pietà cristiana. Biasimiamo alcuni comportamenti e azioni che i nostri antenati greci o romani consideravano normali o persino giuste. L'idea stessa di libertà, propria della nostra civiltà, deriva dal cristianesimo: l'inviolabilità della persona, intesa come agente morale e giuridico. La centralità della persona è una novità del cristianesimo, non dell'ideale pagano di polis come soggetto collettivo.
La nostra società è molto più laica di un tempo, ma ciò non significa che sia scomparso il sostrato culturale del cristianesimo. Tuttavia, se il laicismo sostituisse un giorno questa cultura, la società correrebbe un rischio considerevole, che potrebbe comportare nichilismo, disgregazione, edonismo sfrenato, egoismo senza comunità e senza etica.
Fortunatamente, non domina più l'ortodossia religiosa né il bigottismo proprio di una collettività superstiziosa che non si lascia guidare dai lumi.
Oggi possiamo dire che la cultura cristiana e l'illuminismo si siano finalmente conciliati. Ciò ha permesso di superare tabù assurdi come quello sull'aborto, il divorzio e via di questo passo. Illuminismo e cultura cristiana devono marciare di pari passo, scongiurando il pericolo di qualunque giacobinismo o sanfedismo.
I simboli sono importanti perché, come per i greci, costituiscono le fondamenta di una religione civile, vale a dire quel patrimonio di valori che fanno da guida alla comunità. Il cristianesimo non è solo il culto di Cristo, che può anche non valere per tutti (io stesso non mi considero un credente), bensì un insieme di tradizioni da custodire e da difendere, poiché costituiscono il collante di una nazione, di una civiltà. Senza guida non c'è futuro, non c'è un quo vado, ma solo caos e disorientamento.