Una nuova Europa di Carlo Magno è possibile
Divisioni, nazionalismi, conflitti con l'imperatore, lotta per le investiture e guerra alla Chiesa fecero tramontare il progetto del Sacro romano Impero, archetipo dell'Europa.
Oggi rifondarlo è possibile, in nome di un'Europa-nazione, confederale, cristiana, più unita sulle questioni economiche e giuridiche.

Di Alessandro Cantoni
L'Europa come soggetto politico germogliò sotto la mano benedicente di Leone III e lo sguardo santo del Figlio, che venne alla luce in un fastoso Natale dell'anno 800.
Le basi di questa unità cristiana, di questo regno spirituale, vennero già poste, tuttavia, dall'imperatore Costantino nel 325 con il Concilio di Nicea.
Furono i Franchi, dei barbari, a costruire l'archetipo di una nuova alleanza.
Roma era crollata sotto il peso dei suoi gloriosi templi; Costantinopoli ne ereditò la fama ed il potere, affrontando con la spada i goti e i Longobardi.
Intanto, da nord, calava il vento impetuoso dei carolingi. Il papa sostenne il loro esercito, dopo aver fatto il bello ed il cattivo tempo con il basileus.
I Franchi, per parte loro, erano intenzionati a compiere il progetto di Santa romana Chiesa, essendo stati i primi, tra l'altro, a convertirsi al culto di Cristo.
Dall'ascesa di Clodoveo fino a Carlo Magno, la dominazione barbarica diramò in ogni direzione, piegando la furia dei Sassoni, dei Bavari, degli Avari e, infine, anche dei Longobardi. I confini di Karolus toccarono il fiume Elba e il Danubio ungherese.
Nasce l'Europa. Essa è ancora una timida gemma bagnata dalla rugiada all'aurora. A questo complesso, rinsaldato da un unico corpus legislativo ed amministrativo, mancavano i lembi dorati del suolo bizantino, di quella Roma in cui si parlava greco e che profumava di incensi speziati. I rapporti con il suo Cesare furono difficili e molto tesi, nonostante l'abilità diplomatica di Carlo. Inoltre, non bisogna credere che nel ristretto dominio carolingio si respirasse già un'aria rosea. Abbozzata l'Europa, bisognava fare gli europei.
Il Cristianesimo marca in maniera indelebile il Protettore delle istituzioni pontificie. Questo guerriero si lascia talvolta trasportare dalla pietà e dalla clementia. Mostra un certo riguardo verso i suoi nemici, e alla legge del taglione preferisce quella dello Spirito, che ricorre all'arma della persuasione e dell'educazione in monastero. Anche il rapporto con la comunità viene vissuto in modo diverso. Prende corpo l'idea che il sovrano ed il sostrato civico incarnino un'unica realtà, secondo la parola di Giovanni: "Io sono la vite, voi i tralci (...) Come il tralcio non può far frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me". Il tralcio è, nel caso specifico, l'assemblea, espressione della volontà popolare, che il padre ha cura di consultare ogni volta che deve modificare una legge. Viene convocata una volta l'anno per rettificare dei provvedimenti.

Il Sacro Romano Impero, tuttavia, non ebbe mai vita facile, specialmente dopo la successione dinastica che vide inaugurare una stagione di lacerazioni tra i figli di Carlo. Ridotta in frantumi l'unità, restò alla dinastia degli ottoni, in particolare ad Ottone I, nel X secolo, il compito di ripristinare i fasti dell'età perduta. In parte vi riuscì, ristabilendo una certa autorità con un piede nel passato e uno sguardo verso il futuro, all'insegna della modernizzazione istituzionale. Ottone perse però il controllo su praticamente tutta la Francia, spostando i giochi verso il cuore del regno teutonico. Da franco-centrica, l'Europa si trasformò in un baluardo della Germania.
Le colonne marmoree adatte a sostenere l'impalcatura furono profondamente scosse dalla lotta per le investiture avviata da Enrico IV e risolta grazie al Concordato di Worms nel 1122. Oggetto del contendere era molto più che la nomina dei vescovi - che allora erano particolarmente influenti -, bensì un vero e proprio scisma cercato con il papa.
Questi conflitti si sarebbero protratti anche con la casata di Svevia, la quale puntava a collegare i possedimenti del sud Italia alla Germania. Il tutto finì con la scomunica e la deposizione di Federico II da parte di papa Innocenzo IV.
Non meno movimentata si rivelò quella stagione meglio nota come il Grande Interregno, conclusasi nel 1273, in cui si inasprirono le divisioni tra i re-conti e l'autorità imperiale.
Nel frattempo, proseguì la diatriba contro le autorità pontificie, messe a margine con la Bolla d'oro nel 1356.
Il sogno del Sacro romano impero si dissolse a causa di almeno altri tre fattori strutturali. Da un lato il terremoto scismatico tra la curia papale di Avignone e quella romana; la Riforma protestante del XVI secolo e la guerra dei Trent'anni che, con la pace di Vestfalia del 1648, trasformò l'Europa nella scacchiera degli Stati nazionali. Si trattò della più lunga guerra di religione e di potere tra i cattolicissimi Asburgo ed i riformati della Germania del nord, di Svezia e Danimarca. Per ostacolare le aquile d'Austria, anche il cattolico Luigi XIV scese in campo con i protestanti. Per stabilire il suo primato e riprendersi la sovranità, minò così l'eurocentrismo a cui aveva lavorato, in tempo ormai lontano, Carlo Magno.
L'Illuminismo del XVIII secolo fece il seguito. Questa ideologia, infatti, ha agito in una direzione opposta rispetto a quella intrapresa dalla Gloriosa Rivoluzione nel 1688. A denunciare il misfatto è stato un filosofo controcorrente e bistrattato, Edmund Burke, nelle Riflessioni sulla rivoluzione francese, pubblicato nell'anno immediatamente successivo.
In Francia, la furia devastatrice aveva provocato quella rottura definitiva con il potere spirituale, nonché lo scardinamento delle vecchie istituzioni europee.
La sua passione per la causa messianica ci ricorda lo stesso ardore di Jean Racine e di Pierre Corneille.

Nel XVII secolo, all'ombra del suo apostata, il Re Sole, Racine metteva in scena le più belle tragedie dell'età antica, rilette alla luce dell'etica cristiana. A questa sola Legge avrebbero dovuto chinarsi tutte le nazioni del Continente, poiché è l'unica, rispetto al mondo classico, a non scindere la morale dalla religione.
Gli eroi della tragedia antica, riletti secondo questo spirito, sono più belli e compassionevoli. La Fedra incarna il tormento della donna cristiana. Il suo sconvolgimento per l'amore colpevole e l'accusa di incesto al figlio Ippolito si esprime in un climax ascendente di sentimenti del tutto estraneo al mondo antico.
Scuote gli animi la potenza di un credo in grado di risvegliare la pietà persino nell'empia Atalia, sacrilega adoratrice di Baal ed intenzionata a soffocare nel sangue la stirpe di Davide.
Il possente Dio d'Abramo piega ogni oggetto al suo volere. Non ha nulla da invidiare alla cerchia dell'Olimpo. È un dio vendicatore ma che non conosce ingiustizia e, a differenza delle divinità del pantheon, non si lascia accecare dalle pulsioni irrazionali, come lo spirito maligno invocato da Teseo
contro Ippolito. È il dio della morale, della rettitudine, della virtù nemica degli eccessi dissolutori.
Prima di Racine, già Tasso scriveva di Europa: "che gioverà l'aver d'Europa accolto / sì grande sforzo, e posto in Asia il foco, / quado sia poi di sì gran moti il fine / non fabriche di regni, ma ruine?". In questi versi della Gerusalemme liberata, allude all'impresa comune che portò i grandi sovrani ed i popoli del Continente in una lotta fraterna contro il comune nemico: il dominio maomettano in Terra Santa.
I pensatori conservatori romantici, tra cui Chateaubriand e Novalis, furono uniti nel denunciare il responsabile di quel Ratto d'Europa mirabilmente illustrato dal Vecellio. Il suo nome non è Giove, ma Illuminismo.
Convertendosi in ideologia del Terrore, diede vita al giacobinismo prima e, successivamente, al marxismo. L'illuminismo, nelle mani della sinistra, è diventato lo strumento con cui combattere il dogmatismo borghese e religioso attraverso la cieca ragione positivista: Così si esprime Palmiro Togliatti: "Se oggi sentiamo che la battaglia dell'illuminismo contro il fanatismo religioso può ridiventare attuale, ciò è anche in legame con la degenerazione filosofica e culturale per cui i 'superatori' del razionalismo hanno contribuito a restaurare vecchie correnti oscurantistiche e clericali".

Penetrando fino al cuore della Russia, il "positivismo storico" ha contribuito al collasso dello zarismo: saldo ponte tra l'impero moscovita e la cultura europea.
In realtà, bisognerebbe distinguere due forme di illuminismo: quello riformatore adottato anche, in parte, da Pietro il Grande e dalla zarina Caterina II e, infine, uno di matrice radicale e antiborghese sviluppatosi negli anni di Robespierre. Se il primo ha contribuito ad arricchire la cultura europea, il secondo ha portato alla rivoluzione d'ottobre e a contrastare l'ortodossia dei Romanov.
LA NUOVA EUROPA
L'unico modo per rinascere, oggi, come comunità europea, è quello di trovare una più salda unità politica e cristiana alla luce delle conquiste dell'illuminismo più moderato e non in conflitto con le ragioni dello spirito. Un obiettivo necessario alla costruzione dell'identità, della pace e del riformismo sociale di cui necessita il nostro Continente per combattere le sfide della globalizzazione e della deregolamentazione economica. Per vincere la sfida del futuro occorre agire coesi in materia economica e giuridica, senza per questo cancellare lo Stato nazionale tout court, il quale funge da garante degli equilibri interni e, a livello di politiche nazionali, va salvaguardato nella propria libertà e indipendenza. In questo senso, l'appartenenza ad una comunità dovrebbe essere una garanzia, non un giogo imposto. Bisogna lavorare per costruire un'Europa confederale, ma più unita sulle questioni economiche e giuridiche.