Quell'italiano sconosciuto che fece grande l'America

08.09.2020

Di Alessandro Cantoni 

Che cosa distingue la civiltà americana da quella italiana? Molti elementi, ma, in primo luogo, la narrazione che essa dà di se stessa. Il cinema hollywoodiano è un potente veicolo propagandistico, e malgrado i valori siano cambiati nel tempo, arrivando a condannare ciò che un tempo costituiva l'orgoglio di quella nazione (supremazia militare, esportazione della democrazia), restano alcuni pilastri indiscussi, sbandierati con fierezza. In primo luogo, il primato delle libertà soggettive. Da sempre, gli States si proclamano terra di esuli e di perseguitati in cerca di tutele per la loro incolumità o facoltà di esprimersi secondo i propri gusti. Perciò molti cittadini insorgono contro episodi di intolleranza e di violenza verso le comunità afro. Vi è poi da considerare almeno un altro fattore: la fede incondizionata nel cosiddetto "american dream", il sogno americano. Pochi sanno, tuttavia, che a concretizzare questa speranza è stato un italiano, la cui importanza si cela dietro un marchio rinomato, una garanzia mondiale: Bank of America.

Tutti conoscono questo nome, che richiama alla mente il colosso degli istituti di credito presenti nel Paese. Dietro la facciata della più imponente società di servizi finanziari si nasconde il volto di un nostro connazionale, un ligure, emigrato insieme alla famiglia a San Francisco, nella seconda metà del XIX secolo. Ancora oggi, resta un perfetto sconosciuto agli occhi dei nostri compaesani, che non gli hanno dedicato neppure una via, una piazza, o un vicolo.

Giannini senior, il padre, si era trasferito nella West Coast cercando di vivere onestamente per incominciare una nuova vita. Aprì un negozietto di ortaggi che coltivava egli stesso e, così facendo, si guadagnò la pagnotta. Uomo dal cuore generoso, un giorno vendé la sua merce a un tale che non aveva spiccioli con sé. Al momento di saldare il debito, pari a un dollaro circa, l'ingrato cliente estrasse una rivoltella e mise fine ai giorni del povero Giannini.

L'episodio sconvolse e scioccò il figlio, Amadeo, che da quella lezione avrebbe tratto un insegnamento utile per i decenni a venire.

Studiò economia all'università e iniziò a lavorare in banca. Erano i primi anni del Novecento. Osservò che ad essere finanziati erano spesso i big dell'impresa o della finanza: soggetti che, malgrado la disponibilità economica, si rivelavano per lo più insolventi e agivano a danno delle banche. Il problema della miseria persisteva invece con insistenza. Giannini junior, il figlio del vecchio ortofrutticolo, intuì che bisognava aiutare proprio quella povera gente, capace di ammazzare per un dollaro di zucchine. Aprì una filiale della Bank of Italy, una cassaforte per piccoli artigiani, contadini e modesti imprenditori in cerca di liquidità. 

Giannini non si tirò indietro nemmeno nel 1906, quando un terremoto sconquassò il volto della metropoli. Come un commerciante qualsiasi, mise un bancone in mezzo alla strada e prestò quattrini a chi doveva ricominciare da capo. Dagli sportelli della Bank of Italy uscirono gran parte dei danari che finanziarono la ricostruzione. La gente ebbe da subito fiducia di quel figlio di piccoli imprenditori dallo spirito borghese e con un forte senso della comunità, il quale non si dimenticò degli umili. Piano piano, estese la sua attività anche in altre realtà degli Stati Uniti. Persino gli uomini d'affari bussarono alla sua porta. Amadeo cominciò a trattare anche con gli americani, fondando la Banca d'America e d'Italia e, nel 1927, cambiando il nome della Bank of Italy in Bank of America. Nel periodo bellico, erogò fondi per il piano Marshall in ricordo della sua terra natale; supportò la FIAT, ma anche i film di Walt Disney, di Charlie Chaplin e di Frank Capra. Non impose tassi di interesse, bensì chiese ai produttori di arruolare i cittadini di San Francisco, che poterono così chiudere i loro conti in sospeso. 

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