Viva la Brexit (con deal)

31.12.2020

Di Alessandro Cantoni 

La Brexit con deal (l'accordo economico tra Gran Bretagna e Unione europea) conviene. Molto più rischiosa sarebbe stata un'uscita senza negoziati, dato che il Regno Unito esporta il 20% delle proprie merci verso gli Stati Uniti, contro il 45% all'Ue. Parimenti, le importazioni dal colosso americano sono dell'11%, contro il 53% dall'Europa.

Vi sono delle ragioni tecniche ben precise che rendono questa uscita dal mercato comune europeo potenzialmente fruttuosa.

In primo luogo, la parziale sovranità del debito pubblico londinese. Esistono infatti dei legami tra la Bank of England, ovvero la banca centrale inglese, ed il Ministero del Tesoro.

Grazie ad una clausola, la cosiddetta overdraft, la banca centrale può stampare moneta affinché il Ministero acquisti direttamente titoli di Stato. I rischi per l'inflazione o la svalutazione monetaria sono molto ridotti, poiché questa "monetarizzazione" del debito è provvisoria e limitata: l'equivalente di un quantitative easing, che in Europa avviene tramite la Bce.

In secondo luogo, il Regno Unito mantiene dei legami privilegiati con gli Stati Uniti, permettendogli di rivolgersi ad altri sistemi di mercato, nel caso specifico quello transatlantico. 

L'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) ha calcolato che, secondo le stime, un Free Trade Agreement con gli Usa farebbe aumentare gli scambi di 19 miliardi e consentirebbe di "aumentare i salari complessivi nel Regno Unito di circa 2,3 miliardi".

Inutile dire che Boris Johnson ha agito da vero fuoriclasse. Senza l'accordo con l'Ue, i rischi sarebbero stati maggiori, ma gli ultimi aggiornamenti ci parlano di un libero scambio con l'Europa senza dazi e quote sulle merci che rispetteranno le regole d'origine (sostenibilità ambientale, rispetto dei diritti dei lavoratori, controlli, ecc.).

Veniamo ora alle cose di casa. All'Italia conviene un'Italexit? No, per due ragioni fondamentali.

In primo luogo, non saremmo liberi di stampare moneta alle stesse condizioni degli inglesi, poiché il divorzio tra Banca d'Italia e Tesoro è stato sancito definitivamente nel 1981.

Banca d'Italia è oggi un istituto nelle mani di investitori privati. Le maggiori quote sono detenute da Intesa Sanpaolo, UniCredit e Generali Italia.

In secondo luogo, il nostro paese non avrebbe un mercato sicuro a cui rivolgersi, a parte quello europeo. L'importanza di rimanere in un mercato comune serve, come ben sappiamo, per evitare imposizioni e dazi.

Uscendo, non è affatto detto - è anzi improbabile - che si ottengano le stesse condizioni di un deal britannico.

Un'uscita dall'area euro ci esporrebbe maggiormente agli attacchi del mercato e della globalizzazione economica, a cui solamente l'Ue può fare concretamente da scudo. 

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